La libertà di non essere sempre raggiungibili

Disconnesso, parzialmente, eppure libero. Dopo averlo usato contemporaneamente su due telefoni da quasi un anno, da ieri ho completamente disinstallato Whatsapp. Da ieri quindi non sono più in grado di leggere i messaggi che mi vengono inviati e, per i miei contatti attivi su quel canale, non sono più raggiungibile in tempo reale.

Whatsapp gode di 600 milioni di utenti sempre connessi, che lo usano al posto di SMS, telefono o email per scambiare messaggi con altri utenti in tempo reale. Vuoi condividere un momento? Mandi una o più foto via Whatsapp, appena scattate. Vuoi avere una risposta immediata da qualcuno per qualcosa? Gli mandi un messaggio su Whatsapp e, a meno che l’utente non abbia disattivato questa funzione, sai esattamente l’ultima volta che si è connesso e se ha ricevuto o meno il tuo messaggio sul suo telefono.

Le potenzialità di uno strumento simile, al costo di un euro l’anno, con una base di utenti così vasta, sono facilmente immaginabili. Ciò nonostante, ho deciso di prendermi una pausa. Spesso si finisce per abusare di uno strumento che ti permette di raggiungere chiunque viva nella tua rubrica, in qualsiasi momento. Ho deciso così di smettere. Spingere chi ha l’urgenza di comunicare con il sottoscritto a fare uno sforzo in più, con un SMS o una telefonata, o a usare un mezzo asincrono come la posta elettronica.

Sono passate soltanto poche ore, ma mi sento già più libero.

Ho imparato da Leo Babauta che fare a meno, per periodi limitati ma prolungati, di qualcosa che dai sempre per scontato, è utile a rimettere quel qualcosa nella giusta prospettiva e a dare a questo il giusto valore.

Come avrebbe detto Gianfranco Funari e il suo Guzzanti: “è tanto liberatorio!”.

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