I blog e Pandemia sul Corriere Adriatico

L’articolo sui blog scritto da Maria Cristina Benedetti ha l’onore di occupare la pagina centrale dell’inserto La Domenica del Corriere Adriatico di oggi.

Titolo a parte, l’articolo ha la forza di raccontare il fenomeno blog in maniera leggera ma al tempo stesso veritiera. L’autrice si è documentata in rete, ha navigato per blog e ha bene sintetizzato, cogliendo gli spunti più importanti, l’intervista rilasciatale ieri pomeriggio.

Seppur sempre più diffusi, i blog non sono ancora il pane quotidiano di chi naviga, figuriamoci se lo possano essere per il pubblico di un quotidiano che fa informazione locale in provincia. Maria Cristina Benedetti ha colto subito l’essenza del blog e, con l’occasione, ha raccontato altri esempi di blog marchigiani.

Tra i citati i blog di Roxelo, Gianna e Marco, insieme a Pandemia, che dimostra di aver letto e approfondito con attenzione.

Da sottolineare che, all’interno della stessa pagina, è riportato un altro articolo sui tag. L’argomento non è per nulla semplice, né facile da spiegare ma il giornalista riporta con precisione le parole di Derrick de Kerckhove, già conosciuto a Culture digitali a Napoli nel 2004.

Seguono i testi dei due articoli, ripresi dal sito del Corriere Adriatico. In grassetto le parti che mi riguardano personalmente.

AGGIORNAMENTO 12/2/2022. A distanza di 16 anni i link agli articoli non sono più attivi e neanche i blog, salvo il mio, esistono più.



Uno dei più cliccati d’Italia è il “Pandemia” del senigalliese Luca Conti che difende a spada tratta: “la democrazia della comunicazione”.
Il fenomeno impazza anche nelle Marche dove sono più di 300 i diari in Rete.

Per una vita alternativa inventati a colpi di blog.

ANCONA – Spezzata ma non sincopata, veloce ma non sempre arguta, serbatoio di pensieri sempre che ci siano. Gulp che ritmo, che zapping di idee, no è un blog. Scrivete, scrivete che in Rete c’è posto. Nelle Marche i blogger, che il diario lo mettono on line, sono oltre 300. Sono ragazzini, scrittori, pensionati e lavoratori. La notte per loro, oltre a essere piccolina, è anche il momento migliore per mettersi alla tastiera e parlare di sé e del mondo. O almeno così fan credere: dietro un computer ci si può anche inventare la vita che si vuol spacciare.

Non a caso su Wikipedia, siamo sempre sul web, al capitolo “alcune cose da sapere sul blog” si legge: ti permette di avere un’identità alternativa. Ma come tutte le medaglie ha due facce e allora ecco che il fenomeno diventa il volto umano di Internet (in pista da soli 15 anni) oppure l’evoluzione sociale della Grande Rete. “È una forma democratica di comunicare”, sostiene a spada tratta Luca Conti da Senigallia, 30 anni, che con il suo ecocompatibile “Pandemia” è uno dei blogger più gettonati d’Italia. “Basta poco per parlare col mondo: un computer e tante cose da dire”. Ma anche navigare in libertà ha bisogno di regole e Conti ne dà qualcuna: “Per essere letti ci vuole costanza. Nel mondo attualmente ci sono 25 milioni di blog, ma solo il 10% viene aggiornato almeno una volta a settimana”.

I santoni della comunicazione parlano di strumento di relazione, ma c’è anche chi sostiene il teorema opposto: è la difficoltà di stabilire contatti che porta a bloggare. La verità? Come sempre è nel mezzo. “Il mezzo è il messaggio” sosteneva McLuhan, l’umanista del villaggio globale. “Un riferimento alla semplicità del linguaggio utilizzato”, Conti dall’alto del suo successo personale traduce il concetto. Sarà, ma intanto i blog-diari si affollano e dalla gita fuori porta alla riflessione che sa di scoperta dell’acqua calda si legge di tutto e di più. La banalità dei contenuti talvolta fa sorgere, spontanea, la domanda. Ma chi te l’ha chiesto? Segue a ruota la risposta: allora non cliccare. Ma il fenomeno impazza, impossibile resistere. La mania è esplosa nel 1997, neanche a dirlo negli States, e nel 2001 ha contagiato l’Italia. E quella sigla che sa di fumetto? È la contrazione di web log, ovvero “tracce su rete”.

Di mollica, in mollica quanta voglia di dire per questi pollicini virtuali. Scrive da Porto San Giorgio, è giovane, femmina e nata il 24 dicembre. Roxelo avverte chi la scova in Rete. Tra due cani neri la scritta invita a scoprirla meglio: PARADOSSO. Poi si fa largo nella folla con un la frase di un anonimo arabo: “Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero”. E già così ne inchioda parecchi. Consiglia di leggere un editoriale di Eugenio Scalfari, “Il male del mondo e l’amore di Dio”, ricorda ai più “C’era ‘na vorta un re” di Gioacchino Belli e per chi non avesse capito il riferimento ci schiaffa accanto pure una vignetta sul Cavaliere, e per non perdere il ritmo dell’attualità dice qualcosa sull’affare Unipol e poi manda tutti in Pacs. Sono in parecchi a seguirla, visto che fino a pochi giorni fa i contatti erano più di quattrocento.

E se la fantasia dei marchigiani si ritrova sui blog, c’è anche la prof che non rinuncia a dar libero spazio ai propri pensieri. Insegna presso l’istituto di biochimica della facoltà di medicina presso l’Università Politecnica delle Marche. “Not only curriculun vitae” si presenta subito Gianna Ferretti per far capire che tra una ricerca e l’altra non vuole rinunciare alla vita personale, neppure sotto la mitica sigla www.

Lo spunto per entrare nel circolo vorticoso di pensieri, commenti e opere varie le è arrivato in facoltà dove si stava riorganizzando il sito Internet. Era aprile del 2004 e di raccontare non ha ancora smesso. Tra i link che segnala non poteva mancare Biomed e tra le ultime battute on line non è riuscita a resistere e pavoneggiandosi un po’ fa sapere che si è divertita a calcolare i suoi egopoints, ben 6970. Poi invita tutti: “Ok, adesso provate voi: www.egosurf.org”. E duetta con il blogger anconetano, in dialetto doc, di “Sarai belo te” che rispedisce al mittente si’ tanta attenzione: “Grazie infenite, Gianna! Semo cuntenti che ce legi e ce scrivi!”. Cortesie della Rete.

Micro-testi che sembrano appunti, i puristi della scrittura potrebbero storcere il naso, ma tornando a McLuhan quei frammenti di scrittura sono solo il mezzo. L’obiettivo è la relazione. E tornando a Luca Conti si può dire senza ombra di dubbi: obiettivo più che centrato. Il suo “Pandemia” dal 2002 spazia tra tecnologia e ambiente ed è tra i blog più cliccati d’Italia. Più che segreti, certezze: “Un punto di forza? E’ senz’altro quello di riuscire a focalizzare, a parlare di argomenti concreti, precisi, senza noiose perifrasi e giri di parole”. Globale come una Pandemia, parola di blogger.

Un filo li unisce tutti o quasi. Ed ecco che il denominatore comune dei blog marchigiani è racchiuso in un link: quello che segnala come da non perdere lo spazio in libertà di Beppe Grillo. Sì, proprio lui, il promotore della potenza di Internet come mezzo per dire la propria in assoluta libertà o quasi. Vabbè, ma non son tutti grilli parlanti.

Derrick de Kerckhove non ha dubbi

Ma il futuro è nel tagging

ANCONA – Dal blog al “social tagging”. L’allievo ed ex collaboratore di Marshall McLuhan, direttore del Programma McLuhan di cultura e tecnologia all’Università di Toronto, Derrick de Kerckhove è in continua fibrillazione, a ogni nuova evoluzione del web. Due anni fa, guest professor alla facoltà di Ingegneria dell’Università Politecnica delle Marche per un seminario nel dottorato di ricerca in E-learning, il profeta dell’intelligenza connettiva si dichiarava fan del “social blogging”, un incredibile strumento di comunicazione e di condivisione delle idee, degli interessi, ma anche di orientamento delle opinioni, di aggregazione di gruppi, composti da persone dislocate a tutte le latitudini, attorno a disparatissimi temi, a problemi comuni, a scottanti argomenti di convivenza civile.

Oggi lancia il “social tagging”. In sostanza, per dirla rozzamente, i gruppi di interesse si formano naturalmente attorno a un tema comune, grazie alla marcatura degli accessi, con tag che ne identificano la natura. Su del.icio.us, a esempio, si possono condividere interessi e pensieri con il resto del mondo attraverso un tag.

Ma cos’è un tag? Un descrittore composto di una sola parola che puoi usare per contraddistinguere il tema che ti interessa. I tag non possono contenere segni di interpunzione né spazi, ma non hanno altre restrizioni nella forma. A che servono? Sono un sistema flessibile per ottenere informazioni e “postare” commenti e articoli sui più disparati interessi. E’ un sistema per organizzare dati personali, ma va oltre: se qualcun altro “posta” contenuti relativi agli stessi tuoi tag, può nascere un repertorio collaborativo di informazioni correlate tra loro, guidate dagli interessi personali e da un’organizzazione creativa.

“Il tagging – sostiene de Kerckhove – è una sorta di versione rovesciata del blogging, una copia in negativo: attraverso i blog si creano reti di persone che hanno interessi simili; con i tag si creano reti di argomenti simili fra persone”. Secondo de Kerckhove sono gli utenti che devono sperimentare, osare, lanciarsi nel nuovo mondo del tagging attraverso strumenti come Del.icio.us, Flickr, Technorati. Come per il blog, sono questi gli strumenti che apriranno il mondo a un nuovo modo di concepire l’Internet.

Il blog è il sistema più libero e anarchico di navigare sull’Internet, di sfruttarne il potenziale immenso di aggregazione o, come lui ama dire, di connessione. Altro che isolamento nella tecnologia, rischio paventato in Italia persino dagli utenti più giovani. “I blog – sostiene l’affascinante studioso – devono salvaguardare la loro indipendenza su tutti gli altri media. Ma certo: il blog è un sistema di connessione politica, capace di orientare gli elettori italiani verso l’una o l’altra coalizione”.

Ma veramente? “In America si sono registrate rinunce all’agone elettorale da parte di candidati bersagliati da miratissimi blog”. Da qualche tempo, il moltiplicarsi esponenziale dei blog ha ridotto, secondo lo studioso canadese, anche il suo scarto col giornalismo. Perché? “Ma perché il blog ti dice la verità quando le cose si fanno sul serio, una verità priva di filtri espressa nella sua forma pura, essenziale”. E il futuro? “E’ chiaro, l’ho detto: assolutamente il tagging”.

5 risposte

  1. Credo che dovrò aggiungere anche questo blog al mio feed reader 🙂

  2. Se i link hanno un senso “storico” attualmente la mia politica è andare a recuperare le URL dalla Wayback Machine (cui penso quest’anno donerò un centone per supportarli nella loro opera meritoria di salvataggio del web … per quanto sia una fatica di Sisifo).

    1. fatica di Sisifo, esatto. Opera meritoria, per carità, ma dedicare 20-30 minuti soltanto a riaprire i link, cancellare l’obsolescenza, togliere qualche link, commentarli, è il massimo che possa fare. Andare a riprendere i link rotti, uno per uno, per vedere se il contenuto c’è ancora, per cosa poi? Non stiamo certo parlando di archivi di stato che vanno preservati. Se per un motivo qualsiasi sparisse tutto quello che ho scritto, credo che nel mondo se ne avrebbero a male forse 10 persone, se non meno.

      Se proprio devo dedicare tempo a ordinare contenuti, preferisco ordinare gli appunti e le note archiviate nel mio sistema di PKM. Investimento che ha frutti tutti da vedere, ma almeno è utile a me e al mio pensiero. Ognuno sceglie le sue priorità 🙂

  3. PS = mi sono messo e ho corretto le accentate e qualche spazio “mal importato” a suo tempo. Se ci fossero ancora errori segnalatemeli qui!

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