Credo nessuno mi abbia fatto una intervista così intima come quella di Robin Good. Nella seconda parte abbiamo toccati argomenti personali, legati alla sfera pubblica, mai discussi in precedenza.
Grazie per l’opportunità.
L’intervista è fruibile in video o come trascrizione del testo.
Rileggendomi mi colpiscono in particolare alcuni passaggi quali:
Il passo successivo è alzarsi la mattina e non pensare di essere a Roma, Seattle o Parigi ma accendere il computer, lavorare e quando finito dire “Oggi sono a Parigi, perché non andiamo a fare un giro alla Torre Eiffel?”.
Quindi il fatto che la comunicazione non sempre sia positiva e chiara, nonostante tutta la volontà di chi comunica e di chi ascolta, mi rattrista e mi frustra qualche volta.
Aggiornamento 2023.
Perché sul web tutto sparisce prima o poi, ricopio l’intervista qui, integrale:
Chi è Luca Conti
Sono Luca Conti e mi definisco conversational media consultant, ovvero faccio consulenza sull’uso dei blog e dei social media per aziende e media tradizionali. In più ho un blog, insegno in due corsi universitari, scrivo su Nova24 e ho già qualche cliente privato, tra cui RaiNews24, col quale faccio anche una trasmissione video.
Il mio è stato un percorso particolare, ho fatto il liceo scientifico e ho studiato all’università di Urbino Scienze Ambientali, perché l’ambiente è stata la mia prima passione. Sono stato attivista del WWF per molto tempo e ho avuto anche un rapporto professionale con il WWF Italia, curavo infatti le loro attività nella mia regione, le Marche.
La passione per Internet e per la comunicazione si è sviluppata col tempo, non ho nessun titolo specifico in questo campo, sono un autodidatta dalla prima ora. Mi sono collegato per la prima volta a Internet quando facevo l’università, nel 1996 e da lì la curiosità è cresciuta. Nel 2002 ho aperto il mio primo blog e ho cominciato ad approfondire questo argomento fino a un anno fa in cui ho deciso di dedicarmi alla consulenza per questi argomenti come lavoro a tempo pieno, dopo essere stato sollecitato dalla Rai, che è stato il mio primo cliente.
Rapporto Con i Lettori
Il lavoro di chi scrive online è complesso, se si vogliono cogliere tutte le opportunità che Internet mette a disposizione e che ancora oggi sono largamente inesplorate da chi è arrivato su Internet da un altro mezzo di comunicazione tradizionale.
Per sapere se un contenuto può essere migliorato o se riscuote l’interesse dei lettori, i mezzi a disposizione sono tanti. I più banali, già largamente usati, sono la possibilità di lasciare commenti sotto gli articoli, di esprimere un gradimento attraverso un voto oppure la possibilità di condividere quel contenuto su altre piattaforme.
Posso sapere se quei contenuti sono apprezzati attraverso alcuni indicatori che esprimono la popolarità dei miei contenuti all’interno della rete, attraverso le piattaforme che permettono ai lettori di scambiarsi informazioni, oppure attraverso le citazioni all’interno dei blog. Posso quindi osservare se una notizia è stata ripresa da tanti blog e tracciarla attraverso i motori di ricerca per blog oppure posso leggere le citazioni uno per uno, cercando di capire in che contesto il mio articolo viene citato, se per criticarlo o se per diffonderlo perché è ritenuto un contenuto valido. Allo stesso tempo sapere quanti riprendono i miei contenuti è un indicatore della diffusione del successo di quanto scrive la mia testata.
Tutti questi parametri messi insieme, alcuni qualitativi e altri quantitativi, permettono al lettore di esprimersi all’interno della testata, altri permettono di farlo al di fuori, tutti questi elementi aggiungono una nuova dimensione all’informazione, permettendo di creare un rapporto diverso tra il giornalista e il lettore, migliorando nell’insieme l’informazione.
Consigli Per Editori Online
La dritta che darei ad un editore con molti soldi, che avesse molte testate da portare online e che volesse mettermi alla prova, sarebbe per prima cosa quella di analizzare il proprio posizionamento online. Scatterei quindi una fotografia sulla diffusione dei suoi contenuti in rete rispetto alla concorrenza e andrei poi da lui dicendogli “Ok, questa è la situazione: i tuoi concorrenti hanno questa presenza e questa diffusione e hanno ottenuto questi risultati. Tu non hai fatto nulla e ti trovi in questa situazione”.
La prima cosa da fare, valutando che effettivamente c’è da cominciare a sporcarsi le mani su Internet nell’ottica di rendere il giornale più partecipativo, è ascoltare. Quindi utilizzare gli strumenti di monitoraggio che la rete mette a disposizione per capire in concreto qual è il posizionamento del giornale. A questo punto bisogna attivare gradualmente strumenti che permettano di interagire con il lettore. Io non sono un fanatico del Web 2.0, dei commenti e dei blog: non tutti questi strumenti sono adatti a tutte le situazioni.
Per esempio, per un giornale che ha già una presenza online vecchia maniera, unidirezionale, anche solo aprire degli spazi, che possono essere in diretta come una videochat o in differita come un forum, su argomenti specifici, facendo passare un po’ di tempo i giornalisti su questi strumenti, può essere un primo modo per relazionarsi con il lettore.
Un’altra cosa necessaria è il cambiamento di mentalità da applicare alla struttura del giornale. Di certo non basta un editore con tanti soldi e buoni contenuti per far crescere un giornale e farlo diventare una testata giornalistica online di successo. Servono giornalisti che siano pronti a sporcarsi e le mani e siano aperti a confrontarsi con il lettore. In Italia c’è questo problema, dell’Ordine e del contratto dei giornalisti, quindi molti giornalisti dovrebbero avere l’esigenza di acquisire le conoscenze tecnologiche e di passare molto tempo online, producendo contenuti diversi rispetto a quelli prodotti su carta o in video.
Un altro buon consiglio che si potrebbe dare ad un editore è quello di cercare di trovare il sistema giusto per relazionarsi con i propri giornalisti per stimolarli e incentivarli a partecipare online.
Perché Aprire un Blog
Se mio fratello mi chiedesse che cos’è un blog e perché dovrebbe aprire un blog, facendomi notare che tante persone ce l’hanno e che potrebbe essere un sistema buono anche per lui, senz’altro il consiglio che gli darei sarebbe quello di cominciare a guardarsi intorno e di leggere tanti blog, capire qual è il modo di relazionarsi di questo strumento rispetto ad altri.
I blog infatti, per quanto possano apparire semplici e alla portata di tutti (come effettivamente sono) hanno un proprio linguaggio e utilizzano un proprio metodo di relazione con i lettori, un modo di esprimersi che è diverso rispetto a un sito tradizionale, a un giornale o a un medium che non è online: bisogna innanzitutto capire questo.
La cosa successiva da fare è cominciare a sperimentarne l’utilizzo: capire quali sono le potenzialità e come funziona tecnicamente, cosa è possibile fare con un blog. Una volta comprese queste cose per cominciare seriamente e dedicare tempo a quest’attività di relazione ancora prima che economico, è quello di avere qualcosa da dire e da comunicare che sia più possibile originale e tematico perché di blog in Italia si dice che c’è ne siano tre milioni, nel mondo c’è ne sono più di cento, quindi aggiungere ulteriore rumore o duplicare contenuti che esistono già significa avviarsi su una strada di breve durata.
Avere qualcosa da dire, ma che sia originale o diventare il punto di riferimento per un argomento specifico sono senza dubbio le basi di partenza che insieme alla continuità e alla perseveranza possono creare nel tempo un blog di successo e che dia soddisfazione.
Obiettivi di Luca Conti
Parto dal primo obiettivo: un ritmo di vita meno stressante. Per quanto faccia delle cose che mi piacciono, mi piacerebbe farle trovando un sistema che mi garantisse un maggiore tempo da dedicare a me stesso. Effettivamente in questo momento ne ho meno di quanto vorrei.
In prospettiva mi piacerebbe invece applicare qualcosa che ho letto sul famoso libro che insegna a lavorare quattro ore alla settimana, non ambisco a tanto, mi accontenterei anche di lavorare dieci ore alla settimana, ma l’obiettivo che voglio raggiungere è quello di viaggiare di più e di lavorare in contesti dove la qualità della vita sia più elevata.
Per cui non dico che stare in spiaggia sotto la palma da cocco sorseggiando un cocktail sia l’ideale, perché magari per una persona come me può essere altrettanto piacevole vivere in una grande città metropolitana cosmopolita dove poter chiudere il computer e andare vedere l’ultima mostra di Van Gogh. Mi piacerebbe mixare tutte queste cose insieme e poter non pensare più dove sono ma quali opportunità il posto in cui sono mi può offrire, che sia Senigallia, Roma, Parigi o Tokyo.
Oggi ho la possibilità di avere relazioni a livello internazionali che solo qualche anno fa non avrei mai pensato di poter avere, ho anche un cliente che ha la sede in Lussemburgo, quindi ogni tanto vado là, ho dei colleghi francesi e spagnoli, ho conosciuto tante persone non soltanto europee in diverse conferenze, per cui abbiamo già iniziato ad abbattere alcune barriere spazio-temporali: posso infatti chattare con un amico che lavora per Amazon e sta a Seattle, come se fosse mio vicino di casa.
Il passo successivo è alzarsi la mattina e non pensare di essere a Roma, Seattle o Parigi ma accendere il computer, lavorare e quando finito dire “Oggi sono a Parigi, perché non andiamo a fare un giro alla Torre Eiffel?”.
Frustrazioni sul Lavoro
Robin: Nella tua carriera di media-man quali pensi siano le frustrazioni o gli ostacoli più antipatici? Non so, cose tecniche che devi imparare, troppo tempo impiegato sui social media, problemi di relazioni con chi ti fa lavorare, quali sono le tue frustrazioni principali?
Luca: Le mie frustrazioni principali da media-man, come mi definisce Robin Good, si possono racchiudere in un una, che forse è una caratteristica di tutti in quanto uomini, cioè quella di comunicare e rendersi conto che spesso e volentieri il messaggio che lanciamo, apparentemente inequivocabile, viene in realtà dall’altra parte equivocato, mal compreso, offrendo spesso il fianco a critiche ingiustificate o comunque creando un reazione negativa da una parte del pubblico, reazione che arriva fino all’invidia e fino al pensiero per cui le attività altrui vengono svolte in malafede o per doppi fini.
Sapere che ci sono delle persone che nel momento in cui io comunico una cosa, loro la prendono nel modo opposto, da un lato mi frustra perché mi dico che non sono stato capace a comunicare e dall’altro mi chiedo perché non possiamo vivere pacificamente, cercando di prendere il meglio che abbiamo l’uno dall’altro.
Quindi il fatto che la comunicazione non sempre sia positiva e chiara, nonostante tutta la volontà di chi comunica e di chi ascolta, mi rattrista e mi frustra qualche volta.
Aspetti Positivi e Negativi di Master New Media
Robin: Cosa pensi sia interessante del modo di fare editoria online di Robin Good, cosa è che pensi, seriamente e puntualmente? Cosa ha sto Robin per cui devi dire “beh, sì, ha queste qualità”?
Luca: Troppo facile, avresti dovuto chiedermi che cosa non mi piace di Master New Media! Allora ti rispondo che cosa mi piace, anche se in fondo è l’altra faccia della medaglia delle cose che forse non mi piacciono.
Una cosa che mi piace senza dubbio è quella di essere riuscito a pubblicare contenuti in una forma tale da renderne facile e immediata la fruizione e soprattutto potenziandone al massimo la visibilità sui motori di ricerca. Allo stesso tempo però, questo stile di pubblicazione, soprattutto il layout della pagina, per un lettore come me, che non visita 70 siti al mese, che è la media italiana, ma probabilmente ne visita 70 al giorno se non di più, ecco, il posizionamento strategico degli annunci AdSense a volte mi infastidisce, mi disincentiva nel proseguire la lettura degli articoli.
Però, visto che Robin Good, con le cose che fa ci campa e visto che i contenuti che produce sono di buona qualità, questo lato negativo del suo sito è ampiamente compensato da tutto il resto, considerato poi che si tratta di contenuti di pubblica utilità che aiutano a rendersi sempre più indipendenti e a sfruttare al massimo le potenzialità della rete e che non si tratta di contenuti né illegali né inopportuni.
Penso che tutto sommato l’eccesso degli annunci o il posizionamento strategico, quasi furbetto, siano meno fastidiosi rispetto ai banner in sovra-impressione e alle altre forme di pubblicità che vanno molto di moda sui siti tradizionali.
Pubblicità Tradizionale vs. Pubblicità Online
Robin: Tu da un editore online che reputi serio fino in fondo e che vorresti apprezzare a 360 gradi, cosa ti aspetti? Perché se in televisione ti lasci interrompere la partita o il film dagli annunci, il problema evidentemente, è di credibilità e di prestigio, tu pensi “hai dei bei contenuti, però perché mi ci infili questi annunci AdSense, mannaggia..”. Ma, mentre concedi a Murdoch di guadagnarci soldi e di interromperti continuamente, io invece che ti interrompo solo ogni tanto, in qualche modo ti infastidisco di più.
Come possiamo conciliare le due cose? Perché anche io in fondo sono un business man, guadagno per vivere allo stesso modo del canale televisivo o del giornale che ti riempiono di pubblicità, anche se, gli stili sono diversi.
In sostanza ti vorrei chiedere, qual è il vero problema, è che tu sei troppo sofisticato e intellettuale e quindi tendi ad essere critico con quelli intorno a te, oppure c’è una strada che io potrei seguire?
Luca: Effettivamente mi rendo conto che dal punto di vista di un editore online che guadagna solo online in maniera più possibile indipendente grazie alla pubblicità non invasiva, ricevere delle critiche sulla pubblicità può sembrare eccessivo, perché come consumatori siamo abituati a forme di pubblicità molto più invasive e fastidiose sugli altri mezzi.
La risposta che mi viene spontanea è che Internet, proprio per le sue caratteristiche base e per l’abitudine che abbiamo acquisito col tempo, viene percepito come uno strumento gratuito e come un luogo dove ci sono così tanti contenuti che diventa quasi automatico e conseguente non doverli pagare. Quindi anche incontrare una pubblicità all’interno di una pagina crea una reazione in chi su Internet ci sta dalla prima ora, non mi riferisco a me, tale da adottare tutti gli strumenti a disposizione per non fare apparire la pubblicità nelle pagine.
Dal momento che io sono un media man e che so che per esserlo bisogna arrivare alla fine del mese con qualcosa da mangiare, dal punto di vista di un editore online, che sia tradizionale o no, mi rendo conto che la pubblicità in questo momento è l’unico sistema da adottare per arrivare alla fine del mese, quindi assolutamente non lo contesto.
Tra le forme di pubblicità attuali, quella contestuale è sicuramente la meno fastidiosa. Ma forse da Internet ci dovremmo aspettare un’ulteriore evoluzione, che vada al di là della pubblicità contestuale, altre forme di pubblicità, di sponsorizzazione, di coinvolgimento dell’utente tali che vadano al di là di come abbiamo pensato la pubblicità fino ad oggi, perché è lo stesso lettore che in qualche modo è così parte del giornale che è proprio lui che che produce la pubblicità o esprime i contenuti sui quali vuole avere delle offerte.
Non so se un giorno avremo una pubblicità sempre più personalizzata, sempre più a richiesta, sempre più informativa, sempre più utile per cui diventerà automatico avere un’offerta commerciale che si affianchi a un contenuto editoriale.
Oggi non siamo arrivati ad un livello perfetto della personalizzazione e della contestualizzazione della pubblicità online, infatti anche su Master New Media può capitare di vedere annunci non interessanti o non rilevanti. Forse con l’evoluzione della tecnologia, un giorno tra qualche anno, di fronte a questa chiacchierata, sorrideremo dicendo che pubblicità e contenuto sono sposati così bene che avere un’offerta commerciale può essere d’aiuto per risparmiare tempo e acquistare quei beni o servizi di cui comunque ho bisogno.
Altre informazioni su Luca Conti
Se desideri avere altre informazioni su Luca Conti puoi consultare:
Per diventare un blogger di successo non esistono scuole o università: l’unico modo è osservare l’esempio di chi, come Luca Conti, utilizza il suo blog e i social media in maniera professionale e vive lavorando come consulente nel campo dei nuovi media.
E’ per questo che l’ho intervistato, chiedendogli quali consigli darebbe a chi vuole diventare un blogger o un new media consultant come lui, ma anche cercando di capire quali sono le difficoltà e le frustrazioni che si possono incontrare nel suo lavoro.
Luca Conti è uno dei blogger italiani più famosi e vive totalmente immerso nel modo dei nuovi media e della comunicazione online, dedicandosi a varie attività: blogging, giornalismo tradizionale, insegnamento universitario e consulenza alle aziende sull’uso dei blog e dei social media. In questa posizione da intermediario, tra il mondo di media tradizionali e quello della comunicazione online, Luca Conti è un osservatore privilegiato per capire quali nuove opportunità vengono offerte a chi è appassionato di Internet e a chi vuole lavorare nel mondo dei nuovi media.
In questa intervista avrai l’occasione, grazie ai consigli di Luca Conti, di scoprire meglio:
- Cosa vuol dire lavorare come blogger e in cosa consiste il lavoro di new media consultant;
- Quanto è importante il rapporto con i lettori per chi lavora nel mondo dei nuovi media;
- Come si dovrebbe comportare un editore online per aumentare la propria visibilità e avere successo sul Web;
- Quali sono i primi passi da fare per aprire un blog;
- Quali sono gli obbiettivi, le difficoltà e le frustrazioni di chi lavora nel mondo dei nuovi media;
- Che differenza c’è tra la pubblicità tradizionale e quella online che si integra con i contenuti e tenta di non essere invasiva.
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