Wikileaks, tigre di carta stampata

Lunedì della scorsa settimana ho avuto il piacere di scrivere un articolo su Wikileaks, finito niente di meno che sulla prima pagina del Secolo XIX, il giornale di Genova. Il PDF e il testo dell’articolo sono a seguire.


Un ringraziamento a Julian Assange e a Wikileaks lo dovremmo tutti. I cablogrammi hanno mostrato come la contrapposizione tra vecchi e nuovi media, tra carta stampata e Internet, tra giornalisti professionisti e informazione dal basso, sia qualcosa di vecchio e anacronistico. Per raccontare il contenuto dei documenti della diplomazia americana Wikileaks ha scelto di coinvolgere cinque grandi testate (Guardian, New York Times, El Pais, Le Monde e Der Spiegel) e di veicolare direttamente in rete il materiale originale.

Questa strategia ha pagato sotto diversi punti di vista: i navigatori hanno potuto accedere al materiale nonostante il sito di Wikileaks fosse non raggiungibile, il sistema dell’informazione ha potuto verificare direttamente e in maniera anticipata i contenuti più succosi, amplificandone la diffusione e ogni tentativo di censura è stato così vanificato. Una storia emblematica dell’evoluzione dell’ecosistema dell’informazione globale, alla ricerca di nuovi equilibri, in un momento in cui il web è entrato nelle abitudini di oltre venti di milioni di Italiani e quasi due miliardi di persone.

Seppur l’Italia segua le dinamiche internazionali con un po’ di ritardo e qualche freno culturale, il mondo in cui ci siamo alzati la mattina di lunedì scorso, dopo le prime rivelazioni, è cambiato per sempre. Non si può più tornare indietro. Cosa è cambiato in concreto? Internet non è più un surrogato, ridotto e ritardato, nella catena dell’informazione prodotta dai grandi media. Se una notizia è rilevante, il giornale non si può più attendere la pubblicazione sull’edizione cartacea di domani, ma la diffonde online con massima priorità, anche a costo di bruciare scoop. Non è casuale se il Guardian sia partner di Wikileaks fin dalla diffusione di documenti riguardanti la guerra in Afghanistan: il giornale inglese da tempo produce notizie per la carta e Internet considerandoli una cosa sola, in cui la priorità varia in base all’orario della giornata.

Il ruolo dei giornali e dell’informazione professionale nella società moderna non viene meno, purché questo venga svolto fino in fondo, nell’ottica dell’ecosistema, integrandosi in maniera simbiotica con i nuovi attori che Internet ha posto alla ribalta: nuove fonti primarie come Wikileaks, un pubblico attivo capace di dialogare e desideroso di partecipare, un insieme di dati originali da analizzare in forma collaborativa. La diffusione di tecnologie a basso costo su larga scala (pc e smartphone) e di piattaforme di comunicazione in tempo reale, come Twitter, ha moltiplicato sia le antenne sul territorio, sia i canali attraverso i quali tutti noi ci informiamo. Ignorare questo fenomeno, per i grandi media sarebbe come ignorare i cablogrammi di Wikileaks soltanto perché non ricevuti di prima mano: un suicidio. Allo stesso tempo i giornali, grazie all’autorevolezza acquistata giorno dopo giorno nell’arco di un secolo, possono offrire all’informazione prodotta dal basso in rete un valore aggiunto in termini di visibilità su un pubblico complementare, illuminando ciò che le regole del buon giornalismo identificano come notizie rilevanti per la vita democratica della società, premendo sul potere politico ed economico perché questo si assuma le proprie responsabilità.

I cablogrammi di Wikileaks sono solo l’ultimo caso in ordine di tempo in cui l’alleanza tra giornali, lettori ed ecosistema della rete ha prodotto una discontinuità nel modo di produrre, fruire, commentare e diffondere l’informazione. Lo stesso Guardian nel 2009 ha pubblicato sul suo sito oltre un milione di documenti relativi alle spese dei parlamentari inglesi, chiedendo e ottenendo la collaborazione di migliaia di lettori per analizzarli e scovare i più interessanti. Riposizionando il baricentro delle proprie attività online, al servizio del pubblico attivo, i giornali del 2043 saranno più elettronici e meno di carta, ma continueranno ad essere protagonisti del panorama informativo. Soltanto chi non evolve è destinato all’estinzione.

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