Sostenismo, il manifesto culturale dell’ambientalismo e non solo

Sustainism

Scrivere sulle pagine del Sole 24 Ore mi dà molte soddisfazioni. Non ci divento ricco, tutt’altro, ma mi offre la possibilità di scrivere di argomenti che spesso mi stanno molto a cuore, contribuendo a far conoscere storie che a mio avviso meritano. Una tra tutte, per il 2010, è certamente quella di Sustainism, un movimento culturale raccontato in un volume di prossima pubblicazione, che ho avuto il piacere di conoscere prima ancora della pubblicazione a PICNIC ad Amsterdam a settembre.

Il pezzo che lo racconta lo trovi sul Sole 24 Ore anche online e a seguire.

Per chiudere bene l’anno, ti consiglio anche l’ultimo pezzo, scritto sull’onda della lettura di un altro libro, Your Digital Afterlife, che stimola a pensare a come gestire i nostri contenuti e dati digitali, un giorno che non ci saremo più

Il digitale aiuta ad allargare la vita

Internet è entrato nel quotidiano di milioni di persone. Online gestiamo conti correnti bancari e investimenti finanziari, pubblichiamo contenuti di carattere personale quali foto, video, testi, partecipiamo a community in cui produciamo o scambiamo beni virtuali spesso caratterizzati da un valore affettivo, se non economico. Per queste ragioni, come siamo abituati a pensare all’eredità che lasceremo un giorno ai nostri figli e familiari, con lasciti terrieri, immobili, oggetti, ricordi e denaro, così dovremmo pensare alla nostra eredità digitale. Con questo obiettivo Evan Carroll e John Romano hanno recentemente pubblicato il volume Your Digital Afterlife, per rendere consapevole chiunque usi i social network, il web e il computer su come sia importante riflettere sul tema, senza tabù, preparandoci e pianificando ciò che è possibile, sfruttando anche nuovi servizi del Web 2.0 nati a questo scopo. Il libro cerca di rispondere a una domanda apparentemente banale, ma la cui risposta richiede un attimo di concentrazione: quale eredità digitale vogliamo lasciare alla nostra famiglia, ai nostri amici e ai posteri? Quali informazioni vorremmo rimanessero pubbliche e sempre accessibili, quali a disposizione della famiglia, quali a nessuno? Vorremmo che gli scambi di email con i nostri cari fossero loro accessibili? Per rispondere, il punto da cui partire è un censimento di tutti i contenuti, informazioni, materiali e relative password, sotto il nostro attuale controllo: documenti e file multimediali all’interno di computer e memorie digitali, profili personali su social network, dati di accesso a conti bancari, PayPal e assicurazioni, archivi di file accessibili soltanto dal web. Completato questo censimento, gli autori consigliano di elencare in una tabella, da conservare in formato digitale e cartaceo, tutte queste informazioni, comprensive di indirizzi web, nome utente e password per l’accesso, livello di privacy che vorremmo queste mantenessero dopo la nostra morte. I dati del conto bancario dovrebbe passare ai nostri familiari, come parte delle foto più personali, ad esempio, consentendo invece che il blog o il sito web rimangano accessibili senza interruzioni di servizio, soprattutto se usiamo un nostro dominio.

Per raggiungere questo obiettivo, considerando i limiti normativi che non hanno ancora preso in considerazione la gestione dell’eredità digitale, neanche negli Usa, è consigliabile identificare un esecutore testamentario digitale che si occupi di gestire secondo le nostre volontà i nostri beni digitali. Se abbiamo già nominato un esecutore testamentario verifichiamo se sia sufficientemente competente da occuparsi della parte digitale. In alternativa potremmo nominare un’altra persona di fiducia o ricorrere ad alcuni servizi online dedicati. Il mondo del Web 2.0 si sta attrezzando per supportare gli utenti anche nell’aldilà. Esistono infatti siti web pensati per gestire l’eredità digitale, inviare email postume o curare memoriali online. I primi, come AssetLock o Estate Logic, funzionano come una cassetta di sicurezza in cui inserire password di profili, documenti sensibili e istruzioni finali. Quando l’utente non risponde a un numero concordato di sollecitazioni da parte del servizio o quando altri utenti certificano al servizio la morte del proprietario, la cassetta si apre e i destinatari indicati dall’utente ricevono una chiave virtuale per entrare in possesso dei dati. Pensare al futuro della nostra vita digitale è un atto di amore e di responsabilità.

Sostenibilità è una rete

«Sustainism». Con questo neologismo Michiel Schwarz e Joost Elffers hanno voluto identificare un nuovo movimento culturale destinato a far parlare di sè nel corso del prossimo anno. Nòva 24 ha potuto leggere in anteprima e in esclusiva il volume Sustainism is the new modernism, manifesto per una nuova era della sostenibilità, previsto in uscita a febbraio 2011. Il libro, originale nel proporre concetti in una forma grafica integrata al contenuto testuale, vuole segnare l’inizio di un’era in cui sostenibilità, globalizzazione, internet, locale, cambiamenti climatici, open source, democrazia nei media e ambientalismo confluiscono in un tutt’uno. Sustainism vuole rappresentare e dare spazio a una nuova cultura che identifichi il terzo millennio, seguito ideale di quanto sono stati modernismo e post-modernismo negli ultimi due secoli. Un Ventunesimo secolo che si è aperto all’insegna di un cambiamento culturale, una rivoluzione dal basso, in cui la sostenibilità ambientale non è più qualcosa di accessorio, ma diventa il fulcro centrale nel dibattito culturale, economico, sociale dell’uomo di oggi. Appartenere a questo movimento significa unire la dimensione locale a quella digitale, in una visione di rete e di condivisione che travalica il social networking così come li intendiamo comunemente. Un cambiamento del nostro modo di pensare, ma soprattutto nella percezione che abbiamo della comunità, di come viviamo, lavoriamo, comunichiamo, quanto del rapporto tra natura, sviluppo e ruolo che l’uomo svolge in questi contesti. Una esperienza di vita, già abbracciata in gran parte dalla generazione più giovane, in cui diversità, tecnologia, trasparenza, digitale, orientamento alla community, fatto a mano e riciclabile diventano parte del quotidiano. Ciò che conta non è più la scala, ma l’essere proporzionale. Sostenibilità concepita come una rete di punti locali connessi tra loro, che la rendono quindi globale o, meglio, glocale. Una diversità considerata elemento essenziale del movimento, sia dal punto di vista biologico, sia culturale.

A seguito di un mondo caratterizzato dalla gerarchia, il modernismo, e uno frammentato, il post modernismo, “sostenismo” è un mondo in rete: la Natura non si controlla, ma diventa un’entità con la quale lavorare insieme, i cui limiti riconosciuti sono una sfida alla creatività. Non manca un importante passaggio sul design, inteso come design responsabile, consapevole dei bisogni della società quanto dell’ambiente. Uno stile nuovo, in cui le parole d’ordine diventano interdipendenza, codesign, flusso, semplicità complessa, ciclicità e riciclabilità. Sul fronte media internet, quale tecnologia sociale, è vista come parte integrante del movimento. La tecnologia non è più qualcosa che si impone sulla cultura, ma il “sostenismo” assume al ruolo di tecno-cultura. Neanche a dirlo, in questo frangente le parole chiave associate sono interattività, risparmio energetico, versatilità, apertura, leggerezza e uso minimo di risorse. L’open source è considerato il sistema operativo culturale del “sostenismo”, elevando allo stesso tempo individuo e società. Un mondo digitale, quello descritto, volto a includere e a coinvolgere, soprattutto sul piano degli spazi urbani e dell’architettura, punto di raccordo tra mondo fisico, persone e informazioni. Sustainism vuole essere uno stimolo a comprendere dove ci troviamo e a reimmaginare il nostro futuro, consapevoli che l’era del “sostenismo” ha appena avuto inizio.

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