No, non sono impazzito improvvisamente. Non parlo di un social network per le formiche ma dell’articolo che uscirà sul prossimo numero della rivista Formiche. Un pezzo sui social network per l’economica che ti propongo in anteprima a seguire.
Li respiriamo come l’aria, ci siamo immersi tutto il giorno, ne parliamo al bar e l’abitudine è così consolidata da non fare neanche più notizia. I social network, Face-book ma non solo, in pochi anni sono diventati parte della nostra vita. Nielsen afferma che sono circa 20 milioni gli Italiani che navigano ogni mesi su siti di community online, scambiando messaggi, pubblicando contenuti, partecipando a conversazioni, organizzando insieme ai propri amici tempo libero e lavoro. Quale impatto economico e sociale hanno i social network? La nostra economia è destinata a trarne benefici o minacce ai traguardi raggiunti fino ad oggi?
Una cosa va messa subito in chiaro: Face-book e compagni sono qui per durare. Chi scommette su un fuoco di paglia, su un fenomeno di breve durata, su un nuovo flop prendendo ad esempio Second Life, è destinato a scottarsi le mani. Il motivo non sono i milioni che girano, le valutazioni di mercato a dieci zeri o l’euforia mediatica che li circonda. La ragione è molto più banale: i social network sono facili da usare, ci semplificano la vita, richiedono investimenti in tecnologia sempre più popolari e aprono nuove opportunità. Sul piano ludico e sociale gli effetti sono già manifesti, considerando che la maggior parte dei social network nasce proprio per mettere in contatto persone, farle stare insieme divertendosi. Non è questo lo spazio per approfondire il tema del social gaming, dell’emergere di una comunità globale che si tiene unità abbattendo le barriere dello spazio e del tempo, comunicando in tempo reale.
Ciò che è in gran parte da costruire è lo sviluppo economico dei prossimi decenni, approfittando degli strumenti di comunicazione e di condivisione sociale in chiave business. I primi, i più sperimentatori già si stanno muovendo da tempo e tracciano una strada che presto, prima o poi, tutti saremo chiamati a seguire. Perchéquindi non cominciare fin da subito ad esplorare questo percorso e muovere i primi passi? La concorrenza globale non sta a guardare e anche sui mercati considerati più protetti lo status quo è messo in discussione. Come far fronte a queste nuove sfide? Investendo in ricerca, studio delle nuove tecnologie e delle dinamiche sociali che queste sottointendono. Vediamo alcuni esempi concreti per capire meglio l’impatto delle tecnologie social nella vita dell’impresa, tutti i giorni.
Se il cliente ha sempre ragione, nell’era dei social network ha pure la possibilità di far sentire la propria voce ad ogni angolo del pianeta, ovunque ci sia un’altra persona interessata all’argomento di cui sta parlando. In questa chiave il servizio clienti diventa strategico, per mantenere clienti soddisfatti e per trovarne di nuovo, raccogliendo i frutti del passaparola spontaneo di ha provato i nostri prodotti o servizi. I consumatori parlano delle proprie esperienze quotidiane, inclusi prodotti e brand che amano o che odiano, scrivendone sul proprio blog, lanciando messaggi brevi e immediati su Twitter, partecipando nelle piazze del web dove si trovano altre persone con gli stessi interessi o affinità. Un prodotto di qualità, con una base clienti piccola ma appassionata, senza grandi investimenti in pubblicità può farsi conoscere a costi estremamente ridotti su scala globale. Quando nella storia una piccola impresa di provincia ha potuto godere di simili opportunità? Certo, se l’impresa non ha un accesso ad internet veloce, non conosce le lingue e non investe nelle tecnologie della comunicazione il miracolo non avviene. Bisogna rimboccarsi le maniche e agire, a partire da un prodotto in cui la qualità è il valore aggiunto principale. Regola vecchia, sempre valida.
I social network non sono perà soltanto un modo più diretto ed efficace di comunicare con le persone, aprire nuovi mercati e fare marketing al servizio del cliente. Sono molto di più. Sono un modo per reinventare il proprio business e farlo crescere in uno scenario globale.
Il Web 2.0 applicato in azienda diventa Enterprise 2.0 e fluidifica lo scambio di informazioni e la conoscenza condivisa, sfruttando internamente e con i propri partner esterni le tecnologie già messe a frutto da milioni di persone con Wikipedia, Face-book, delicious e altre. Si tratta semplicemente di aprire le porte, far circolare dati, esperienze e contenuti tra un ufficio e l’altro. Per questo sono a disposizione, spesso gratis o a costi molto ridotti, wiki che consentono di scrivere un documento tra uffici diversi nello stesso momento, piattaforme di comunicazione per lo scambio di messaggi in tempo reale come in un Twitter privato o persino social network chiusi in cui tutti i lavoratori hanno un proprio profilo e possono gestire progetti in gruppi di lavoro con la stessa semplicità con cui si usa Face-book.
Non sono costose, non sono difficili da implementare, i vantaggi sono di gran lunga superiori al non agire: perchéqueste tecnologie non sono quindi già enormemente diffuse? Cosa ne limita l’espansione? Se il digital divide è un problema in via di risoluzione, certamente nel giro di un paio d’anni, il vero problema che la società e il mondo dell’impresa deve superare è il divario culturale. L’Italia ha tra le penetrazioni più basse in Europa, agli ultimi posti insieme a Portogallo e Grecia, di famiglie con computer a casa, di uso della banda larga e di sviluppo dell’economia digitale, soprattutto di nuove startup tecnologiche. Avere a disposizione una tecnologia non significa di per séné comprenderne le potenzialità, né considerarla un investimento strategico per il futuro, se non per la sopravvivenza del proprio business. Per questo è necessario uno sforzo sia del pubblico, sia delle associazioni economiche di categoria.
Il cambiamento culturale passa anche per una diversa organizzazione aziendale e del tessuto economico. Le dinamiche del network portano a dover ricostruire l’impresa con un modello a rete. Non più livelli gerarchici a far da barriera alla comunicazione interna, non più muri che dividono l’azienda dal’ecosistema economico che la circonda, non più filtri che riducono l’interazione con i propri consumatori. Da PMI come la marchigiana Loccioni, a grandi aziende del calibro di Kodak, il modello a rete è ciòche fa la differenza. Avere una Pagina Ufficiale su Face-book e un servizio clienti attivo anche su Twitter sono le dirette conseguenze, non il punto di partenza, frutto di un ripensamento e un riposizionamento dell’impresa nella società moderna.
Il futuro del nostro paese si gioca in questa partita e nei primi minuti siamo già sotto di un goal.
Sta ora a noi – imprenditori, decisori politici, elettori, consumatori, impiegati, liberi professionisti, studenti – rivedere i modelli di comportamento, aggiornarci sul cambiamento in corso e partecipare usando le tecnologie social a nostro vantaggio. Non esistono più rendite di posizione da difendere, settori che non saranno interessati da questo cambiamento o isole felici che potranno permettersi di ignorare questo fenomeno. Rendersene conto è il primo passo da compiere. Adesso!
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