Ci sono decisioni che fluttuano nel pensiero per mesi. Un giorno poi è programmato un incontro, di per séquasi routine, e improvissamente si accende la lampadina. La decisione matura senza più ostacoli a frapporsi. Questo è ciòche mi è successo tra ieri pomeriggio e questa mattina. Ho capito, finalmente, che ègiunto il momento di chiudere un capitolo (in realtà almeno due, se non tre), voltare pagina ed essere pronti a scriverne uno nuovo.
Dal momento che le decisioni convolgono altri soggetti e che alcuni effetti matureranno con il nuovo anno, non sono ancora nella libertà di renderle pubbliche a tutti gli effetti. Al di là delle ricadute in termini economici, in questo post mi piace soffermarmi sull’aspetto relativo al tempo e all’orizzonte. Negli ultimi anni mi sono adagiato su alcune rendite di posizione, che mi hanno garantito di galleggiare senza gran fatica. In un’ottica evolutiva, ho finito per rallentare un processo inevitabile e necessario. Tutte le esperienze, anche le più soddisfacenti, hanno un inizio e una fine. La saggezza sta nel farsene una ragione nel più breve tempo possibile, mantenere rapporti cordiali con tutte le persone che hanno condiviso con noi parte del percorso e lanciarsi sulla prossima sfida.
Un progetto chiuso libera tempo ed energie da dedicare ad altri progetti. Non importa se il prossimo progetto non è ancora definito. Ciò che conta è l’essere di nuovo predisposti a cogliere opportunità e tornare, più di prima, in ascolto. So già che il 2019 si preannuncia doloroso nell’immediato – Ray Dalio le chiamerebbe conseguenze di primo ordine – ma per evolvere è necessario soffrire un po’. Sono pronto a farlo.