Se mi leggi da un po’ o hai sfrucugliato nell’archivio, dovresti sapere che sono sempre stato un fan della misurazione. Quando ho scoperto il fenomeno del quantified self, mi ci sono buttato. Ho cominciato a misurare tutto ciòche potevo, per capire a che livello ero e avere una base di riferimento per darmi degli obiettivi di miglioramento. Almeno per le cose che a) potevo misurare e b) che consideravo importanti per me.
Tra le tante cose che ho misurato negli ultimi anni trovi: passi percorsi al giorno (alla settimana, al mese, all’anno), distanza percorsa, minuti di attività fisica, battito cardiaco a riposo, pressione sanguigna, peso, rapporti sessuali (storia lunga, un’altra volta!), libri letti, film visti (a casa e al cinema), giorni di viaggio, numero di treni/aerei, notti fuori, ore passate davanti al computer, ore passate online, ore passate sul telefono, app più usate, numero di sblocchi del telefono, ore passate ad ascoltare podcast/audiolibri, giorni consecutivi a meditare e certamente altro che non mi viene in mente ora.
Con il tempo, acquisite alcune abitudini che volevo rinforzare – fare più attività fisica, meditare, andare di più al cinema, leggere più libri, usare meno il computer e lo smartphone, mantenere uno stile di vita sano, ho capito che misurare stava diventando una dipendenza. Il tempo dedicato a produrre i dati e a controllare le statistiche non era più giustificato. La misurazione, acquisito il comportamento, stava diventando fine a se stessa. In quel momento ho deciso di smettere di usare un fitness tracker, anche perchél’idea che il produttore del dispositivo usasse i miei dati per altri suoi traffici non mi piaceva granché.
L’unica misurazione che ha continuato a darmi soddisfazione era il numero di libri letti e il numero di film visti all’anno. Smesso di misurare tutti i giorni il peso, il battito cardiaco e i minuti a camminare, ho continuato a tracciare libri e film. Perché? Certamente perchéi siti che usavo mi incentivavano a farlo, soprattutto Goodreads per i libri. Chi mi conosce sa che, normalmente, leggo un paio di libri a settimana e, se c’è un buon prodotto, posso andare al cinema 2/3 volte a settimana se non di più. L’abitudine è consolidata, ma la misurazione non si è interrotta, come per i parametri biomedici. Oggi ho capito che, forse, questo comportamento era legato all’ossessione per la finitezza del tempo e del fatto che, superati i 40 anni, il tempo per leggere e guardare film, pur ampio potenzialmente, stava cominciando a diminuire sempre più. Quanti libri sarà in grado di leggere ancora? Quanti film sarà in grado di vedere? Contarli, me ne sono reso finalmente conto, era un modo per non accettare la realtà che il numero è comunque finito e, per quanto mi possa sforzare di leggere e di andare al cinema il più possibile, ciònon sarai mai abbastanza per vedere tutto quanto merita di essere letto e scritto, pur filtrando il meglio del meglio.
Informarsi, leggere siti, blog e riviste specializzate, seguire canali YouTube e altre fonti privilegiate che segnalano il meglio di quanto viene pubblicato, prodotto, i festival, i premi letterari, nazionali e internazionali non aiuta, anzi. L’editoria e il cinema sono industrie in cui produrre novità è la regola base. Se non si sta attenti, si finisce per leggere interviste di autori, vedere trailer e magari interviste televisive ad attori e registi, vedere cerimonie di premi, leggere recensioni, dedicando più tempoa queste attività di quanto realmente dedichiamo a leggere i libri recensiti e i film di cui si parla. Informazione fine a se stessa. Non per niente anche l’informazione è un’industria, che ha bisogno di attenzione continua, per vendere pubblicità e abbonamenti.
Cosa fare? Ciò che ho deciso da fare è smettere di contare i contenuti che consumo. Non saprà più quanti libri ho letto dall’inizio dell’anno e quanti film ho visto, non potrà comunicarlo orgoglioso nelle conversazioni con gli amici e i conoscenti. Allo stesso tempo voglio liberarmi dalla costrizione del tempo e semplicemente vivere. Meglio tardi che mai, giusto?
Le piattaforme digitali, soprattutto quelle specializzate (penso a Goodreads) incentivano l’utente a darsi obiettivi e a inserire dati. Dati che usano poi per conoscere meglio l’utente e proporgli altri contenuti da comprare. Sempre di commercio finiamo a parlare.
… e se quindi cancellassi tutti i profili online/social usati a questo scopo? Goodreads, LiteraryThing, IMDB, Letterboxd? Ci sto pensando e al momento vedo più pro che contro nello smettere di aggiornarli e qualche contro in più nel chiuderli.
Se vedrai sempre meno numeri nei miei post, sai il perché.
Ciò che non smetto di monitorare, con la frequenza consigliata dal medico, sono i valori del sangue e altri esami che dovessero essermi consigliati. Su questo, meglio sapere.