Il cerchio dell’amicizia

Sono finalmente arrivato al capitolo di Friends, libro scritto da Robin Dunbar, famoso per il numero di Dunbar, appunto, 150. 150 è il numero di amici che una persona può avere, per poter dedicare loro attenzione e tempo tali da considerare questi amici. Quelli eventualmente in più sono conoscenti a vario titolo, non amici. Ogni riferimento a social network è puramente causale.

Al di là di 150 è interessante riflettere sui cerchi e sui loro significati. Un modo di definire il livello è la confidenza, l’intimità: quanto ti senti libero di esprimerti con l’amico in questione. Un altro criterio è la frequenza di contatto:

  • Close friends: 1 volta a settimana;
  • Best friends: 1 volta al mese
  • Good friends: 1 volta ogni 6 mesi
  • Friends: 1 volta l’anno

Da queste ultime considerazioni ho capito il perché della mia insoddisfazione rispetto alla mia cerchia di amicizie: li vedo meno di quanto vorrei e meno di quanto li vedessi prima di due anni fa. Effetto pandemia? Ni. Ni perché la pandemia non è in corso in maniera continuata da 2 anni no stop: sono le pause, le estati soprattutto, ad aver evidenziato questo rallentamento.

La prima conseguenza è il declassamento. I close friends in termini di confidenza sarebbero da considerare quasi tutti Best friends ormai. Quelli che erano Best friends in parte ora gravitano nella fascia Good friends. Oltre a uno slittamento generale anche nelle fasce più periferiche.

Dunbar, se ce ne fosse bisogno, conferma che l’amicizia si fonda sulla frequenza di contatto, nel mondo reale, non per chat. Almeno per chi non ha barriere fisiche che si contrappongono (ciao Massimo!).

Noto purtroppo, almeno per me, come la pandemia non ha fatto altro che sfilacciare amicizie consolidate, in modo quasi irreparabile. Alcuni Best friends – continuo a usare l’espressione del libro e del grafico per semplicità – sono diventati semplici Friends. Per mia evoluzione poi, tendo a preferire attività solitarie ad alto valore aggiunto rispetto a frequentazioni superficiali. Ergo: Preferisco starmene per i fatti miei, incluse attività parasociali come l’andare al cinema, piuttosto che partecipare a incontri/cene/aperitivi in cui parlare del più, del meno o del meteo. Questa è una mia scelta. La si può condividere o non condividere.

Come ho deciso di reagire?

La prima risposta da dare sarebbe quella di cercare nuovi amici. Considerando che, amicizie a parte, ho comunque una vita sociale più che buona nel suo complesso, non è qualcosa su cui mi sento di investire in questo momento storico. Un po’ come le maree, dopo un 2020 di espansione, il 2021 è stato di consolidamento e il 2022 sarà di riduzione.

La seconda risposta sarebbe quella di tirare le fila delle amicizie sfilacciate e tentare di riallacciarle. Purtroppo è qualcosa su cui ho già investito energie e sforzi non indifferenti, ragion per cui non intendo andare oltre, anzi. Più che sostenere amicizie moribonde, preferisco farle morire definitivamente. O almeno non fare nulla per tentare di rianimarle. Preferisco dedicare tempo alle relazioni che lo meritano, con energia bilanciata, e il tempo restante ad attività con ritorni di altro genere, monetario o intellettuale.

Per ora continuo a leggere Friends, cercando di imparare qualcosa di più per rafforzare le amicizie che lo meritano.

Come per le relazioni tra genitori e figli, il tempo di qualità è un velo sopra la mancanza di tempo nella quantità che sarebbe necessaria a coltivare la relazione. Se manca, almeno nell’amicizia, puoi esprimere il massimo della qualità ma sempre in un cerchio periferico resti. Se tieni alle relazioni personali, dedicagli il tempo necessario. Se non puoi o non vuoi, non illuderti che un mi piace qua e un messaggio vocale là suppliscano alle tue mancanze. Mancanze erano e mancanze restano. Meglio essere sempre onesti con se stessi.

5 risposte

  1. Sembra super-interessante questo libro… lo metto nell’antibiblioteca, va!

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