Ci sono (audio)libri che non riesci a non consigliare, prima ancora di averli finiti. Questo è il caso di L’attrice di Anne Enright, pubblicato in Italia da La nave di Teseo.
L’ho scoperto per caso**, in versione audiolibro. Ho cominciato ad ascoltarlo a scatola chiusa, conoscendo soltanto la nazionalità dell’autrice, irlandese, con la mia voglia di leggere/ascoltare libri da ogni angolo del pianeta. Che sorpresa… meravigliosa!
A tre anni rubò un’automobilina giocattolo. Apparteneva a un bambino in fondo alla strada. C’era una piccola tavoletta bianca per sedersi e delle vere e proprie redini per tirare le ruote da una parte e dall’altra, e sembrava così sola soletta, come se non aspettasse altro che una persona gentile che la portasse a fare un giretto.
E così lei lo fece. Trotterellò e spinse con le sue gambette paffute finché non prese a volare. E quando, tra abbondanti scossoni e sobbalzi, si voltò nella direzione da cui era venuta, si rese conto che non sapeva come tornare a casa. Sembrava tutto uguale.
“Ti sei persa, piccola?”
L’uomo che si fermò a parlarle era alto dieci metri, con la fronte bassa e uno sguardo torvo. Aveva un grande ombrello nero e le diede dei colpetti col manico di quest’ombrello finché non lo ebbe agganciato sotto la corda che serviva a sterzare. Poi si voltò e tirò. Lei dovette sollevare le gambe in alto e all’infuori (questa storia era spesso raccontata con l’ausilio di una sedia), dovette reggersi con le mani ai bordi della macchinina, mentre lui la trainava, finché non ci fu altro da fare. Alzò il viso al cielo. Guardò l’indifferente volta celeste e si mise a urlare.
Di colpo, c’erano due donne in strada accanto a lei, una che sferrava manate all’uomo dicendo: “Stia lontano da quella bambina!” e un’altra che agguantava l’automobilina sotto di lei: “Molla subito quest’affare!”, e sono sua madre e la madre del bambino. Il suo oscuro salvatore si offende terribilmente, sgancia l’ombrello e si allontana a grandi falcate lungo la strada. Il piccolo bastardo proprietario dell’automobilina le sferra un calcio con uno scarpone dalla punta in acciaio e sua madre la prende per il braccio, trascinandola dentro e dicendo: “Non devi mai parlare agli estranei, mi hai sentito? Mai.” Ed era così difficile capire se questa fosse una storia su un uomo cattivo o una bambina cattiva – non so quante volte la sentii prima che mi cadesse il velo dagli occhi.
Il libro è il racconto in prima persona della figlia, che ha come oggetto la madre attrice, deceduta, e il rapporto con la madre stessa. Il tutto con uno stile brillante, divertito, quasi confidenziale. Un’amica che vedi davanti a un caffè e ti racconta episodi della sua vita.
L’innocenza, le piaceva dirmi, è una grande protezione.
Non che io avessi bisogno di proteggermi molto, a quei tempi. Stavo sempre incollata ai libri.
“Stai sempre incollata ai libri!” disse mia madre guardandomi, seduta di fronte a me al tavolo della cucina, come se avessi fatto qualcosa di sbagliato, o stessi per farlo proprio in quell’istante.
E di certo non era così.
Li impilavo accanto a me ogni sera: Irlandese, Matematica, Francese, Storia, Geografia, Inglese, Biologia. Una cosa estremamente adesiva, i libri, non c’è dubbio.
Non ha peli sulla lingua
Però, per una specie di vendetta, andai a letto con Niall Duggan. Il che fu la cosa peggiore, in realtà. Accadde pochi anni dopo la fine dell’università, quando ero impegnata a fare la Ragazza di Mondo; una fase che comportò sbronzarsi, e poi scopare, con varie persone, compreso Niall Duggan, che mi fece sentire così intelligente – o forse fu l’alcol a farmi sentire intelligente – mi pare di ricordare d’essermi sentita intelligente all’epoca. Non la considerai una vendetta sul mio padre assente (o sulla mia stupida madre, in effetti), pensai solo che era un errore che volevo commettere. Una cosa orribile e segreta che, dopo, mi rese segretamente, sgradevolmente felice. Sì, ho fatto sesso con Niall Duggan.
“Lo Scopatore”, come lo chiamavamo all’università. Duggan lo Scopatore.
Me ne andai di soppiatto non appena fu incosciente, e volevo gridare la mia fuga per strada, dire al mondo che l’avevo fatto, ed ero uscita vittoriosa. Din don, il bastardo è morto.
Non avevo un complesso paterno dopotutto.
E poi, dopo anni e anni di amore per entrambe, o almeno di sopportazione, te ne uscisti urlando: “Tu e la tua cazzo di madre snob del cazzo,” e allora rammentai la ticchettante mortificazione di quella mattina, il fastidio che provasti nel sedere lì, tu che, con gli anni, eri diventato un lettore di giornali, un amante delle lunghe colazioni, un fanatico del caffè. Me lo rinfacciasti, quando i bambini erano piccoli.
Tu e la tua cazzo di madre snob del cazzo.
E io dissi: “Ah ecco.”
Che problema hanno gli uomini eterosessuali? È una cosa che mi è capitato di vedere così tante volte. Quella fitta che provano quando una donna attraente sorride loro, come se li avesse appena umiliati in qualche modo.
Anche la critica anglosassone ne è rimasta estasiata. A ragione. Scopro poi che l’autrice ha vinto il prestigioso Booker Prize, con un titolo che non ha una edizione digitale, a distanza di anni dalla sua pubblicazione. Si può??
*Nel titolo ho usato l’aggettivo meraviglioso, non solo perché è un (audio)libro meraviglioso, ma perché la madre della protagonista, l’attrice, usa il termine meraviglioso senza risparmio. La figlia, nel descrivere vari episodi, ripete meraviglioso in tono quasi canzonatorio. Spassoso, anzi… meraviglioso!
**Lasciare un po’ di spazio alla serendipity, pur guidata – in questa caso la scelta è stata sulla narrativa straniera e sull’autrice donna – è essenziale per imbattersi ogni tanto in qualche bella scoperta, come questa.
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