Tre anni fa scrivevo di essere arrivato a San Francisco, pronto a tante (più o meno) nuove esperienze. Sarei rimasto per 6 settimane. In quelle 6 settimane, in effetti, ne ho avute di esperienze. Tutte straordinarie, anche se molte totalmente ordinarie, da cittadino più che da turista. Sfogliare il New Yorker a colazione, appena portato dal postino. Fare spesa al mercatino biologico e comprare mirtilli e avocado. Prendere il sole in Marshall’s Beach con lo sfondo del Golden Gate Bridge e la nebbia che viene e va dall’oceano. Passare una mattina in casa con la nebbia che sale, ad agosto, tipico di San Francisco. Girare per librerie indipendenti e partecipare a qualche presentazione di libro con l’autore, in tour per l’America. Fare spesa da Trader’s Joe come se andassi alla Coop. Prendere il minimetro per andare a lezione di yoga con il mio materassino, in una mattina di un giorno feriale ordinario. Andare in biblioteca a vedere un film di Agnes Varda. Fotografare i murales in giro per la città. Prendere un caffè e fare due passi a Dolores Park con un amico. Vedere uomini uscire la mattina presto, con 15 gradi, a portare a spasso al cane in infradito e maglietta. Poi c’è stato il giro a Sacramento, con tappa dove hanno girato Lady Bird. Tappa a Los Angeles in un weekend molto familiare e poco glamour, con aereo e auto a noleggio, senza pensieri come se prendessi il treno.
Esperienze straordinarie tanto più ordinarie, perché chi viaggia negli USA spesso non ha modo di fare niente di tutto ciò, costretto dal tempo limitato del viaggio e dalle mete turistiche da visitare.
Questa è giusto una delle tante vite che ho vissuto, viaggiando per settimane in giro per il mondo. È grazie a queste esperienze se sono la persona che sono, oggi. Senza la dimensione del viaggio, certamente sarei diverso. Meno aperto, più ignorante, meno consapevole delle tante possibilità di vivere la vita su questo pianeta.
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