Incertezza. L’ho identificata come la mia parola dell’anno.
A conferma che quest’anno mi sento in ritardo (anche se non sono solo), su molti fronti ma non su quello del benessere psicofisico – niente non è – solo poco fa ho trovato il tempo di creare, stampare e attaccare sul muro, dietro al mio monitor, la parola dell’anno. Incertezza. Nella forma che vedi sopra, con tre font scelti quasi a caso.
Incertezza con cui convivere.
Incertezza che può cambiare le carte in tavola in ogni momento, soprattutto quando dai tutto per certo e definito.
Incertezza rispetto a ciò che credi sia certo: la salute, gli affetti, la stabilità economica.
Incertezza come scenario e nel quotidiano, giorno per giorno.
Incertezza che genera sorprese, non necessariamente negative.
Incertezza da accogliere e non da combattere
Incertezza a cui allenarsi, per ridurne l’impatto negativo
Incertezza che non deve preoccupare, né frustrare.
Come dice il maestro di meditazione, in questi frangenti, durante queste riflessioni, è bene prendersi un momento per semplicemente essere (simply being). Apprezzare di essere qui, ora, respirare, esserci, senza dover fare niente, senza pensare a quello che ho o quello che non ho, quello che mi aspetta o ciò che mi è successo, cosa ci si aspetta da me, cosa è rimasto indietro, cosa non è quello che vorrei che fosse.
Essere qui. Ora. Pronto ad affrontare ciò che la vita propone. Niente altro.
Una vita senza problemi da affrontare (e risolvere) non è una vita:
A proposito del mio sentirmi indietro. Amen.
L’unica cosa da fare è farmene una ragione e semplicemente accettare che ogni cosa avviene quando deve avvenire. Il mondo continua a girare.
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