Come stimolo a rielaborare di più ciò che leggo, riporto a seguire alcune idee tratte da un libro letto recentemente. Seppur si tratti di narrativa (spagnola), il protagonista fa considerazioni sulle relazioni che potrebbero stare tranquillamente in un saggio. Sotto ogni idea c’è il passaggio sottolineato. Non ho rielaborato le idee chiave perché nella citazione c’è già l’enunciazione dell’idea come l’ho estratta.
Il libro è L’invenzione dell’amore di José Ovejero.
La peggior nemica della felicità non è il dolore, è la paura
La peggior nemica della felicità non è il dolore, è la paura. Per essere veramente vivo devi essere disposto a pagare un prezzo per ciò che ottieni.
Siamo avvoltoi del passato
Siamo avvoltoi del passato, abituati a frugare nella carogna via via lasciata dai nostri errori e dalle nostre insufficienze. E come quegli uccelli che rigurgitano il verme o l’insetto che hanno divorato per alimentare i figli, anche noi tiriamo fuori da dentro quanto è rimasto a metà della digestione, come se continuandolo a mangiare e rimangiare potessimo finire di metabolizzarlo, di renderlo definitivamente nostro.
Non sappiamo chi ci mente, chi si mente
A cosa sta pensando qualcuno a cui domandiamo “A cosa pensi?” e risponde “A niente, tesoro”? Non lo sapremo mai, con certezza, non sappiamo chi ci mente, chi si mente, viviamo con fantasie che ci costruiamo per spiegare l’altro e per creare una relazione – cosa importa se non è vera? – che ci tranquillizzi e ci dia ciò che desideriamo.
Amore è due persone che si abbracciano, come pugili esausti
amore, mi aveva detto, è questo, due persone che si abbracciano, come due pugili esausti: si colpiscono senza molta forza, vogliono imporre la propria superiorità e i propri desideri, ma hanno bisogno dell’altro, del suo sostegno, del contatto con il suo corpo per non crollare.
La gente che ci ammira ci mette a disagio
la gente che ci ammira ci mette a disagio perché non riconosce le nostre debolezze; ammirarci è una maniera di negare ciò che siamo in realtà.
Si finisce sempre per raccontare la storia dei propri genitori
Si finisce sempre per raccontare la storia dei propri genitori. Le tue fidanzate vogliono conoscerla, i tuoi amici; te la chiedono quando scoprono in te qualche difetto o qualche difficoltà, cercano la spiegazione nel passato, nell’infanzia, in una carenza fondamentale, come cercherebbero una storia di denutrizione in un adulto il cui corpo non si è sviluppato abbastanza. Non incolparli, non ritenerli responsabili per quello che sono, non giustificare i miei fallimenti con i loro, e neanche attribuire a loro i miei successi.
Non ci conosciamo (all’interno della coppia)
Non ci conosciamo. È impossibile conoscere l’altra persona, anche se in qualche momento siamo in grado di intuire quello che sta per dire o che sta pensando. C’è sempre un angolo oscuro, quella parte che perfino dopo molti anni continuerebbe a sorprenderci, forse a terrorizzarci se la scoprissimo. In qualche posto di noi stessi siamo soli, nessuno può venire con noi, ma non abbiamo motivo di rifiutare o di sottovalutare quel territorio in cui è possibile addentrarsi per mano a qualcuno, magari allargandolo, strappando alle erbacce zone in cui poter seminare.
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