In una giornata come questa, in cui vivo un tempo sospeso, tra un viaggio e un altro, senza vincoli e senza impegni, affrontando gli accumuli di feed RSS e link salvati, ho tempo per una riflessione.
La prima, banale, riflessione è che i contenuti prodotti da chi crea contenuti per scopi professionali, monetizzati direttamente o indirettamente, sono di gran lunga superiori a quanto può assorbire il pubblico a cui si rivolgono: n volte superiore. Senza neanche considerare i profili social e i contenuti originali in quelle piattaforme, le newsletter attive, anche considerando solo l’italiano, sono tendenti a infinito. Il pubblico a cui si rivolgono è finito e limitato.
Substack è diventato il vecchio blog o il nuovo WordPress: alla facilità di scrittura dell’editor di testo aggiunge la distribuzione via email. Una piattaforma di newsletter che di fatto può essere fruita nell’app dedicata o attraverso un feed RSS o direttamente dal browser. Scrivi su Substack (o hai spostato lì la tua newsletter) per cercare di godere dell’effetto piattaforma: sei abbonato a una newsletter, che te ne segnala un’altra. Stessa dinamica del blog della prima era, niente di nuovo.
Substack in più permette, a chi ha un pubblico fedele di fan di chiedere e ricevere dei soldi, con un sistema di pagamento incluso e un filtro di contenuti solo per i lettori sostenitori.
Per chi, come me, crede nella riduzione del consumo di media, a favore di altre attività di rielaborazione (pubblica e privata) e altre attività senza l’uso di schermi, l’esplosione di newsletter è ancora più anacronistico. Sapere di poter accedere a tanti contenuti di qualità online non mi spinge a consumarne di più, ma a evitarli quasi totalmente, applicando un filtro ancora superiore. Stesso filtro che cerco di applicare nella segnalazione di contenuti: meno link e più qualità.
Competere per l’attenzione in questo mercato è un esercizio fine a se stesso per il 99% di chi crea contenuti. Generare un guadagno, anche non monetario, è una illusione che siamo portati a credere da ciò che consumiamo e dalle storie di chi emerge. Le piattaforme e i media amplificano queste storie per attrarre nuova attenzione e per spingere nuovi utenti a diventare attivi per seguire lo stesso percorso, illudendoli che tutti ce la possono fare. Una corsa all’oro in cui guadagna solo chi vende picconi (= le piattaforme).
C’è del valore nel condividere, anche solo dal punto di vista del concetto “insegnare è il modo migliore per imparare”, ma vivere della conoscenza condivisa è un’altra cosa. In Italia non si vive neanche scrivendo libri per altro, quindi il problema non è il mezzo e neanche il contenuto forse, ma il mercato. Non esiste un pubblico abbastanza vasto, disponibile a pagare per i contenuti di qualità. Certo, la visibilità online, qualsiasi sia il mezzo scelto, può essere monetizzata in tanti altri modi indiretti, vero, ma qual è il ritorno di tutto questo sforzo? Se andiamo a considerare tutto il tempo dedicato a creare contenuti, gestire relazioni online, formarsi e informarsi, qual è il ritorno della monetizzazione diretta e indiretta? Qual è il valore estratto, confrontandolo con il valore generato da altre attività di lavoro (digitale e non) che non si basa sulla creazione di contenuti in maniera intensiva?
Più passa il tempo, in questo mio limbo semi sabbatico, più mi convinco che dopo essere sceso dal treno del social web, forse è il momento di scendere anche dal treno della creazione di contenuti con la velleità di una monetizzazione indiretta, almeno sui temi che mi appassionano, come quello dell’apprendimento continuo. I (non) feedback che ho ottenuto negli ultimi 4-5 mesi non sono buoni. Se devo fare un’analisi dello sforzo fatto, non mi posso dichiarare soddisfatto. Questo post vuole essere una presa di coscienza.
Nei prossimi 50 giorni avrò modo di pensare ad altro e di tornare sulla questione con una mente più fresca. Da metà luglio proverò ad applicare il principio della mente del principiante a Saper Imparare e provare a capire cosa fare di questo progetto.
Una opzione potrebbe essere quella di lanciare una raccolta fondi per coprire tutte le spese vive della piattaforma, per tenerla attiva, più un piccolo riconoscimento economico per accedere a contenuti premium. Se non funzionasse, potrei cedere il progetto a qualche membro della community o chiuderlo, per studiare altre forme di valorizzazione della mia esperienza o per dedicarmi ad altri progetti che non fanno più perno sui contenuti.
Il 31 Agosto 2023 è il termine che fisso per ragionare sulle opzioni e il 15 Novembre 2023 per decidere quale strada intraprendere, così da mettere in atto il percorso e arrivare a una destinazione entro la fine dell’anno. L’ultima cosa che voglio fare è andare avanti per inerzia.
Vado a copiare questo post dentro la community e vediamo se e quali feedback arriveranno.
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