Edizione ridotta, ma comunque con qualche avventura, di rimando in rimando. Cominciamo?
Ieri ho chiuso, credo, il cerchio della visione di The Killer (2023) di David Fincher, con Le Samourai (1967), collegato a Taxi Driver, The Driver (1978) e Drive (2011), con The Killer (1989) di John Woo.
The Killer (1989) è uno spara-tutto di cui John Woo è un maestro assoluto. Non è il mio genere, per quanto riconosco che sia un cinema spettacolare e visivamente coinvolgente, anche se poi tutte queste sparatorie, almeno a me, vengono a noia e mi sembrano ripetitive, più che spettacolari. A ogni modo la violenza non è fine a sé stessa, ma è al servizio di una trama e di uno sviluppo dei personaggi. La fotografia è notevole. Sul piano tecnico è un film che merita il suo status di cult. Amen.
Il film è suo modo iconico e sembra aver segnato l’ascesa internazionale di John Woo, fino a Hollywood. Così Gianni Canova:
Lo stesso cinema commerciale di Hong Kong ha saputo trarre partito dalla ricchezza espressiva del cinema New wave come testimoniano i noir d’azione di John Woo, ad esempio The Killer (id., 1989), nel loro rifarsi a certo esistenzialismo alla Jean-Pierre Melville, nell’esasperato romanticismo, nel recupero di un’emozionalità diretta e priva di filtri, ma anche attraverso uno stile assai particolare che si affida ad un trattamento nello stesso tempo barocco e stilizzato delle scene d’azione.
L’alieno e il pipistrello
In L’occhio del regista, dove 25 registi condividono il proprio percorso, John Woo racconta:
Quando ero ragazzo, a Hong Kong non c’era una scuola di cinema, e anche se ci fosse stata non sarei comunque stato in grado di frequentarla, i miei genitori erano troppo poveri per una cosa del genere. I primi libri che ho letto sul cinema erano rubati: mi ricordo che sono entrato in una libreria e ho fatto scivolare il libro di Truffaut su Hitchcock nella tasca interna di un lungo soprabito. Non ne vado orgoglioso ma… be’, è così che ho imparato la teoria del cinema. Mi infilavo anche nelle sale senza pagare, e andavo a vedere moltissimi film.
L’occhio del regista
Casi della vita, ma non troppo, proprio pochi minuti prima segnalavo a M l’introduzione dello stesso libro di Truffaut, con un aneddoto divertente:
Tutto è iniziato da una caduta in acqua.
Durante l’inverno del 1955, Alfred Hitchcock venne a lavorare a Joinville, allo studio Saint-Maurice, per la post-sincronizzazione di Caccia al ladro, di cui aveva girato gli esterni sulla Costa Azzurra. Il mio amico Claude Chabrol ed io decidemmo di andare a intervistarlo per i Cahiers du Cinéma. Avevamo preso in prestito un magnetofono per registrare questa conversazione, che volevamo lunga, precisa e fedele.
C’era poca luce nell’auditorio dove lavorava Hitchcock, mentre sullo schermo sfilava senza interruzione (in anello) una breve scena del film che mostrava Cary Grant e Brigitte Auber mentre guidano un motoscafo. Nell’oscurità, Chabrol ed io ci presentiamo ad Hitchcock il quale ci chiede di andare ad aspettarlo al bar del teatro di posa, dall’altra parte del cortile. Usciamo abbagliati dalla luce del giorno e commentando con l’entusiasmo dei veri fanatici del cinema le immagini di Hitchcock di cui abbiamo appena visto una primizia, ci dirigiamo dritti verso il bar che si trova là, a quindici metri. Senza rendercene conto scavalchiamo tutti e due con lo stesso passo il sottile bordo di una grande vasca gelata, dello stesso colore grigio del bitume del cortile. Il ghiaccio scricchiola subito e ci ritroviamo nell’acqua fino al petto, inebetiti. Domando a Chabrol: «E il magnetofono?». Alza lentamente il braccio sinistro e tira fuori dall’acqua l’apparecchio tutto gocciolante. Come in un film di Hitchcock la situazione era senza via di uscita: la lieve pendenza della vasca concava ci rendeva impossibile raggiungere il bordo senza scivolare di nuovo. Ci sarebbe stato bisogno della mano caritatevole di un passante per tirarci fuori di là. Finalmente usciamo e una costumista, che crediamo piena di compassione, ci trascina verso un camerino dove possiamo spogliarci e far asciugare i vestiti. Mentre raggiungiamo il camerino ci dice: «Ebbene, miei poveri ragazzi, siete delle comparse del Rififi? – No signora, siamo giornalisti. – Allora, in questo caso, non posso occuparmi di voi!».
È quindi tremando nei nostri abiti ancora inzuppati che ci presentiamo di nuovo ad Alfred Hitchcock qualche minuto più tardi. Ci guardò senza fare commenti sul nostro stato e volle proporci un nuovo appuntamento per la sera stessa all’Hotel Plaza Athénée.
L’anno dopo, quando tornò a Parigi, ci individuò immediatamente in mezzo a un gruppo di giornalisti parigini e ci disse: «Signori, penso a voi due ogni volta che vedo dei cubetti di ghiaccio che si urtano in un bicchiere di whisky».
Il cinema secondo Hitchcock
Ovviamente The Killer di John Woo è parte della storia del cinema:
La ricchezza della produzione, la nascita di un importante festival, scuole di cinema e autorevoli riviste, danno poi origine ad una vera e propria New wave legata ai nomi di Ann Hui e Patrick Tarn. Lo stesso cinema commerciale di Hong Kong ha saputo trarre partito dalla ricchezza espressiva del cinema New wave come testimoniano i noir d’azione di John Woo, ad esempio The Killer (id., 1989), nel loro rifarsi a certo esistenzialismo alla Jean-Pierre Melville, nell’esasperato romanticismo, nel recupero di un’emozionalità diretta e priva di filtri, ma anche attraverso uno stile assai particolare che si affida ad un trattamento nello stesso tempo barocco e stilizzato delle scene d’azione.
Introduzione alla storia del cinema
Non ho fatto invece alcuna ricerca, né storica, né cinematografia, su La società della neve, il nuovo film spagnolo che racconta la storia del disastro aereo sulle Ande del 1972, noto per gli episodi di cannibalismo. In realtà la storia è molto più complessa e articolata, come il film racconta in maniera rispettosa delle vittime e allo stesso tempo emozionante e coinvolgente. Ho pianto in molti dei passaggi tragici del film, grazie anche alla colonna sonora che si insinua a scatenare emozioni in modo eccellente. Film veramente notevole.
La vita incombe, altri panni da stendere.
Alla prossima avventutra.
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