Perché è difficile essere felici?
Di generazione in generazione, la mente umana è diventata sempre più abile nell’avvertire, prevedere ed evitare il pericolo. Così adesso, a distanza di trecentomila anni, la nostra mente moderna è costantemente all’erta, impegnata a valutare e giudicare tutto ciò che incontriamo: è buono o cattivo? È sicuro o pericoloso? È dannoso o utile? Oggi, però, la nostra mente non ci mette in guardia contro le tigri, gli orsi e i lupi: i rischi sono perdere il lavoro, essere esclusi, prendere una multa per eccesso di velocità, rendersi ridicoli in pubblico, ammalarsi di cancro e migliaia di altri crucci quotidiani. Il risultato è che passiamo un sacco di tempo a preoccuparci di cose che, il più delle volte, non accadranno mai.
Un altro elemento essenziale per la sopravvivenza è l’appartenenza a un gruppo. I nostri antenati primitivi lo sapevano fin troppo bene: se la tua tribù ti caccia via, non ci vorrà molto tempo perché i lupi ti trovino. In che modo, dunque, la mente ti protegge dall’esclusione dal gruppo? Mettendoti a confronto con gli altri membri: mi sto integrando bene con gli altri? Sto facendo la cosa giusta? Il mio contributo è sufficiente? Sono bravo come gli altri? Sto facendo qualcosa per cui potrei essere allontanato?
Ti suona familiare? La nostra mente ci mette continuamente in guardia contro la possibilità di essere esclusi e ci induce a confrontarci con il resto della società. Non c’è da stupirsi se dedichiamo tante energie a preoccuparci di piacere agli altri! Non c’è da stupirsi se siamo sempre in cerca di modi in cui migliorare noi stessi o ci deprimiamo perché non «siamo all’altezza». Basta sfogliare una rivista, guardare un programma televisivo o dare un’occhiata ai social media per trovare immediatamente un’infinità di persone che sembrano più intelligenti, più ricche, più magre, più sexy, più famose, più potenti o più affermate di noi. Poi ci confrontiamo con queste affascinanti creature mediatiche e ci sentiamo inferiori o insoddisfatti della nostra vita. Come se non bastasse, la nostra mente può concepire un’immagine fantastica della persona che idealmente ci piacerebbe essere e poi metterci a confronto con quella! Che speranze abbiamo? Finiremo inevitabilmente per sentirci inadeguati.
Più o meno in tutte le società del mondo e in ogni periodo della storia, la regola generale per avere successo è: ottieni di più e migliora. Migliori sono le tue armi, più prede potrai uccidere. Maggiori sono le tue riserve di cibo, più probabilità avrai di sopravvivere ai periodi di carestia. Migliore è il tuo riparo, più sarai protetto contro i pericoli. Più figli hai, maggiori saranno le probabilità che alcuni raggiungano l’età adulta. Non c’è da stupirsi, quindi, che la nostra mente continui a cercare di ottenere «di più e di meglio»: più denaro, un lavoro migliore, più prestigio, un aspetto migliore, più amore, un partner migliore. E se ci riusciamo, se otteniamo davvero più denaro o un’automobile migliore o un aspetto più attraente, siamo soddisfatti, almeno per un po’. Ma presto o tardi (di solito presto), inevitabilmente vogliamo di più.
In sostanza, per natura siamo tutti predisposti a soffrire psicologicamente: a confrontarci, valutarci e criticarci, a focalizzarci su ciò che ci manca, a sentirci presto insoddisfatti di ciò che abbiamo, a immaginare ogni genere di situazione terrificante, la maggior parte delle quali non si verificherà mai. Non c’è da stupirsi che gli esseri umani abbiano difficoltà a essere felici!
La trappola della felicità
Ragionare per essere felici
Every time we feel unable to cope with the many demands of life, or a sense of failure about our careers or friendships, our instinct is to go to a psychiatrist, take medicine or, worse, shut ourselves in. I do not doubt that medicine is often needed, but I also believe that in many of these situations there is a substitute or at least a complement to medicine: reason.
Reasons to be happy
Le regole della sauna
Niksen
Gli olandesi hanno capito tutto dalla vita.
Boundaries and self-care
Erect an invisible boundary around yourself; between yourself and the wave of people and things that threaten your space. A loving circle of friends brings an uplifting energy, but don’t let in those with draining or toxic energies that disrespect your work hours. Don’t take on tasks you can’t manage. Creating space and establishing boundaries is important to maintaining your physical and mental health. Take care of yourself every day: listen to your gut when it’s saying STOP, schedule enough time to nurture your soul
Niksen
Kubrick
Una nuova biografia di Stanley Kubrick è appena uscita. Ho cominciato a leggerla e già mi ha rapito.
Kubrick was never idle. If he called a friend or co-worker – and he was always calling people, almost always to get some information – who said they were on vacation, his response was ‘Why?’ Why would someone want time off from thinking about films? He loved that part, the thinking and planning and then the construction of a story: pre-production and editing.
[…]
Orson Welles once commented that, during editing, a film-maker should look at his favourite images and cut them. ‘When I’m editing,’ Kubrick told Gene Siskel, ‘my identity changes from that of a writer or a director to that of an editor. I am no longer concerned with how much time or money it cost to shoot a given scene. I cut everything to the bone and get rid of anything that doesn’t contribute to the total effect of the film.’
[…]
He settled in Los Angeles for the duration of Spartacus, other than a trip to Spain to shoot its grand-finale battle scenes. The trauma of that production, where he had to fight for a modicum of control, plus the battle with the censors over his next film, sent him and his producer James B. Harris to England for Lolita. This began almost a decade of travelling back and forth from London to Los Angeles and New York. All of Kubrick’s films from Lolita on would be made in England, and he bought a house at Abbots Mead, Hertfordshire, near the Elstree studios, in 1965
Kubrick: An Odyssey
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