Il brivido dell’esplorazione

Sono in viaggio. A 12.000 Km circa dall’Italia. Prova a indovinare dove, se vuoi. Questo viaggio, più di altri, si sta rivelando impegnativo. Le caratteristiche del viaggio lo rendono, almeno in parte, sfidante, per le ragioni che ti vado a illustrare e in più c’è sicuramente che sono cambiato io (= invecchiato).

“La dimora è comune. Il globale non è proprio questo? Standard di comportamenti, di produzione, di offerta. Garanzia generalizzata del sistema del mercato, che non smentisce più sé stesso in nessun luogo, in nessun paese. Perché non c’è più luogo o paese. Il mercato diventa il paese unico, la sola città possibile. Supermercato mondiale.”

Franco Riva, Filosofia Del Viaggio

Ogni viaggio organizzato in modo autonomo è un continuo compromesso tra uscire dalla propria zona di comfort e rimanerci per sopravvivere.

“Nell’età della globalizzazione bisogna naturalmente chiedersi se l’esperienza del viaggio sia ancora possibile in senso proprio. Tale esperienza implica infatti una rottura, un’uscita da sé, dal proprio tempo e dal proprio spazio, dalla propria cultura, che la globalizzazione sembra nello stesso tempo facilitare e impedire.”

Franco Riva, Filosofia Del Viaggio

Voglio provare cibi nuovi, ma allo stesso tempo devo evitare di prendermi una intossicazione alimentare, cosa che non sono riuscito a evitare stavolta, seppur attento. Bene provare la cucina locale, ma oltre alle norme igieniche – tutto è relativo – c’è anche il fatto di mantenere un regime vegano/vegetariano, possibilmente anche sano. Compromessi difficili da sostenere.

Mi piace camminare, esplorare. Bello, ma poco divertente se ti trovi in città o paesi dove ti dicono di stare attento a borseggi e rapine. Non posso sedermi in un parco a leggermi un ebook se mi dicono che non è bene portare oggetti di valore per una questione di sicurezza. Vorrei conoscere gente locale ma allo stesso tempo è pericoloso perché c’è chi usa gli stessi canali di contatto per derubare e aggredire.

Il mondo è globalizzato, soprattutto in aree sotto l’influenza del capitalismo aziendale: i grandi marchi di largo consumo li trovi ovunque o, se non sono fortissimi, trovi concorrenti locali che adottano le stesse strategie comunicative. Alcol, bevande zuccherate, dolci, caffè, snack, patatine, gelati, pizza sono ovunque, letteralmente a ogni angolo di strada.

Detto questo poi, fuori dall’Europa e fuori dall’area Euro ci sono varie sfide da affrontare prima ancora di cominciare a esplorare. Sfide che sono parte del viaggio organizzato autonomamente, certo, ma portano via tempo (ben speso) ed energie. Qui ho capito che sto cambiando. Mi pesa più di prima.

In zone dove la sicurezza è un problema, soprattutto notturna, è necessario organizzare gli spostamenti, soprattutto il primo dall’aeroporto, in modo attento. Meglio un’auto privata via app che un taxi o un mezzo pubblico con strada da percorrere a piedi fino alla destinazione finale. Altra questione è il denaro: un po’ di contante è sempre consigliabile e quindi va individuato dove andare a cambiare i soldi e a che tasso. Senza internet non hai modo di usufruire di tanti servizi, per cui una SIM card locale è necessaria e pure economica, ma bisogna trovare un negozio e comprarla, oltre ad attivarla. Fare queste operazioni in aeroporto all’arrivo può essere comodo ma a condizioni al limite della truffa e no, non mi piace spendere più del necessario per servizi in viaggio. Nel capitolo spostamenti con metro e bus c’è anche da capire con quale sistema funziona il servizio pubblico locale. Ormai sono diffuse le carte RFID ricaricabili. Non ovunque puoi usare la tua carta di debito/credito, ma devi dotarti di una carta e ricaricarla. Niente di trascendentale, ma ogni città o paese ha il suo sistema che va navigato e compreso.

Una cosa che mi pesa in questo viaggio è la questione sicurezza. Sì, anche a Roma, Napoli e Milano ci sono zone dove è sconsigliabile passeggiare, almeno in certi orari. Cosa ben diversa è sentirsi dire che quella zona turistica è diventata pericolosa, con aggressioni in pieno giorno. Ragion per cui è meglio se stai molto attento, se cammini poco e se ti porti l’indispensabile, guardandoti le spalle. Il tutto diventa ancora più critico se vedi pochi turisti e l’ambiente che ti circonda è poco pulito, degradato, con qualche senza tetto o disperato in giro, nonostante ti trovi in un sito dell’UNESCO, che di per sé non è garanzia di mancanza di degrado.

Insomma, avrai capito che non sono in giro per il Giappone o in un paese Nord Europeo. Anche in questo c’è il bello del viaggio: l’incontro con la diversità. Siamo globali ma non purtroppo nella ricchezza, nel benessere economico e sanitario, nella disponibilità di risorse, nel rispetto delle diversità e nell’uguaglianza. Quando non è così è facile che qualche disagio sociale emerga_ è inevitabile. Per non parlare di illegalità, immigrazione non regolata, microcriminalità, povertà, degrado metropolitano.

Qui arriva la mia stanchezza. Prossimo a 50 anni, questo tipo di viaggio (o forse semplicemente la destinazione) non fa più per me. Mi pesa guardarmi le spalle. Mi pesa avere difficoltà nello stabilire contatti locali. Mi pesa diffidare del prossimo. Mi pesa circumnavigare le sfide logistiche dell’esplorazione. Detto questo, ho scelto sistemazioni indipendenti, con spazio, internet, privacy, quasi come se stessi con la comodità di stare a casa mia, anche se mi manca il mio cibo, il mio regime alimentare.

Lo avevo percepito prima ancora di cominciare questo viaggio: la dimensione del mio vivere quotidiano mi fa star bene. Rinunciarci per viaggiare ed esplorare comincia a pesarmi. Non mi mancano la mia pasta e i miei broccoli: mi manca la difficoltà di avere una dieta sana, cosa che non puoi fare mangiando sempre fuori. Quando posso cucino qualcosa da solo, ma in questo momento è troppo complicato ed evito.

Terminata l’esperienza di questo viaggio, che prevede ancora due tappe importanti, probabilmente metterò una croce in modo definitivo su tutta una serie di mete interessanti ma critiche sotto vari punti di vista: regime autoritario, emergenze sociali, povertà associata a criminalità, standard di vita sotto il livello minimo. Non ho alcuna intenzione di visitare diversi paesi chiudendomi in un resort con piscina a chef italiano o internazionale. Non ho bisogno di farmi migliaia di chilometri per questo.

Per la prossima metà ho visto, giusto stamattina, quale SIM card comprare e dove, come arrivare in città dall’aeroporto, dove cambiare soldi, come funziona la metro. Ora è tempo di organizzare il pranzo, ovvero decidere dove andare a mangiare e cosa. Se c’è un elemento chiave di un viaggio di più settimane in cui sei totalmente autonomo e indipendente è come le necessità base – dove mangiare, cosa fare, cosa vedere – diventano i tuoi pensieri quotidiani, scacciando qualsiasi altro pensiero tu ti possa essere portato dietro dall’Italia. Un periodo di sospensione dove ciò che è importante è vivere il momento e niente altro. In qualche caso anche sopravvivere al momento, come in questo viaggio.

Torno alle mie esplorazioni.

Una risposta

  1. Ciao Luca, non abbandonare certe mete, piuttosto – a mente fredda – prova a valutare se per il futuro, verso determinati luoghi, non sia più conveniente esplorare unendosi a qualche gruppo. I viaggi in solitaria son belli ma come scrivi tu, richiedono una dose di energie ulteriori per aspetti dai quali un gruppo ti protegge un po’.
    Ciao,
    Emanuele

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