La politica internazionale vista con occhiali nuovi

La lettura di Sotto la pelle del mondo, in corso (mi mancano gli ultimi due capitoli su Messico e Italia), ha generato un effetto immediato sul modo in cui leggo e analizzo l’attualità relativa alla politica internazionale. Elezioni USA, guerra Israele – Hamas, appendice in Libano con Hezbollah e le relazioni con Iran, Cina e Taiwan, guerra Russia – Ucraina, l’ascesa dell’estrema destra in Germania, la politica interna nel Regno Unito. A ognuno di questi paesi è dedicato un capitolo nel libro, più un altro specifico sul Medio Oriente. La prospettiva cambia, cambiando il punto di vista.

USA

Perché Trump rischia nuovamente di vincere? Nonostante siano statunitensi e dovrebbero conoscere gli USA meglio di me, vari commentatori continuano a chiedersi perché Trump continui a mentire e a raccogliere consensi. I media a cui noi attingiamo, direttamente o attraverso i nostri corrispondenti italiani, appartengono a una delle due coste e sono sostanzialmente liberal. Non corrispondono al punto di vista degli stati centrali, dove i consensi di Trump continuano a essere numerosi, nonostante processi, scandali e altro. Perché? Perché quello è il popolo americano e il popolo americano è conservatore, isolazionista e non ha alcuna intenzione di continuare a fare il poliziotto del mondo. La percezione globale che ne consegue è di un paese in declino, se non fosse che l’economia continua a tirare come non mai e il declino è, appunto, percezione.

Non capiamo perché Trump resta influente perché ci concentriamo sul personaggio, invotabile, e non sulle motivazioni e sulle aspirazioni di chi lo vota. Errore che abbiamo fatto con Berlusconi e con la destra italiana. Dario Fabbri insiste sul fatto che ci concentriamo sui leader e sull’individualismo, convinti che siano i leader a plasmare il popolo, quando è il popolo a contare e, nello specifico, a plasmare i leader. Metti queste lenti per interpretare il mondo e tutto assume un senso diverso.

Israele

Israele, dalla sua fondazione, ha una componente fondamentalista religiosa sempre più numerosa e sempre più influente sul piano politico e sociale. Questa componente è quella meno disposta al compromesso e più incline alla guerra. Nel futuro immediato è questa concezione della società a influenzare le decisioni politiche e a continuare a spingere sullo scontro e non sul dialogo. Il premier israeliano è sì in bilico, sostenuto da partiti diversi, estremisti e non, ma sta in piedi perché la componente fondamentalista lo appoggia e continuerà ad appoggiarlo.

La situazione è molto più articolata e complessa, ma questo elemento, il fondamentalismo religioso, è una componente chiave.

Ci sarebbe da discutere anche delle violazioni del diritto internazionale, dei diritti civili, della convenzione di Ginevra su cosa si può fare e non in guerra, sul Tribunale Penale Internazionale. Chi ha creato queste istituzioni è stato, sostanzialmente l’Occidente. Israele agisce da battitore libero e, pur di garantire la propria sopravvivenza e il dominio sul proprio territorio, si chiama fuori da queste regole. Paradossalmente è l’unica democrazia del Medio Oriente, ma anche quella che è meno democratica rispetto alle istituzioni internazionale. Ciò che prevale è l’interesse diretto e immediato. Il resto non conta.

Denunciare quindi le violazioni continue, il genocidio, i Caschi blu attaccati, significa non comprendere il punto di vista di Israele. Le critiche poi, senza conseguenze e azioni sul piano diplomatico, militare ed economico, sono parole buone per la stampa e per il giornale con cui si incarta il pesce il giorno dopo. I morti altrui quotidiani sono un numero in un articolo di parole al vento. Di questo si tratta.

Iran

L’Iran non ha una dittatura che schiaccia il paese ma ha un governo teocratico che gode del consenso, silenzioso per lo più, del paese. Perché? Perché il popolo sogna il vecchio imperialismo persiano e non ha alcuna intenzione di occidentalizzarsi. La protesta che viene enfatizzata, a giorni alterni, sui media occidentali non è che una minoranza giovane e metropolitana. Non è lo specchio del paese. Dario Fabbri sostiene che i popoli sono capaci di rovesciare anche i dittatori, se questi non adempiono al proprio ruolo. Sotto sotto, neanche troppo tutto sommato, la retorica contro Israele è condivisa dal paese vero. L’idea che gli iraniani non vedono l’ora di diventare come noi è falsa e strumentale ai nostri interessi e al nostro punto di vista.

Cina

Leggere Sotto la pelle del mondo mi ha fatto capire che della questione Taiwan non avevo capito niente. Taiwan esiste da dopo la Seconda Guerra Mondiale. Gli Stati Uniti la sostengono per convenienza, non per altro. Sul piano storico Taiwan è parte della Cina. Punto. Che la Cina si riprenda Taiwan è solo questione di tempo, in modo pacifico o manu militari. Gli USA, sempre più isolazionisti, vorranno sacrificarsi per difenderla? Dubito fortemente. L’unico motivo per contenere la Cina è difendere un avamposto in Asia strategico per contenere le mire imperialiste della Cina.

Il problema della Cina è che la popolazione invecchia velocemente e il miracolo economico rischia di interrompersi prima del suo completamento. Il divario tra Cina rurale e Cina urbana resta elevato. Il desiderio, più di immagine che reale, di sostituirsi agli USA come potenza globale, è velleitario. Seppur gli sforzi di neo colonizzare l’Africa e altre regioni, attraverso gli aiuti economici infrastrutturali all’interno del progetto della nuova Via della seta, siano stati e siano ancora ingenti. L’influenza c’è, ma l’obiettivo generale resta lontano, soprattutto ora che l’economia rallenta.

Russia

Anche la Russia non è un paese buono nelle mani di un uomo cattivo. Putin parla alla pancia russa, probabilmente poca istruita e rurale. La retorica di Putin, che agli occhi occidentali appare anacronistica e ridicola, parla al paese, parla al popolo. Il popolo continua a sostenere Putin, almeno fino a che Putin sarà vincente. Se la guerra in Ucraina dovesse prendere una brutta piega, cosa al momento ancora improbabile, per Putin sarebbero guai. Anche in questo caso è il popolo che comanda.

Tutto ciò che mette i bastoni tra le ruote all’ordine mondiale occidentale, sotto l’egida degli Stati Uniti, è cosa buona e giusta. Quindi sì al sostegno di Assad in Siria, sì all’alleanza con l’Iran, sì all’alleanza con la Corea del Nord e persino sì a fare affari con la Cina, seppur chi ci guadagna è più la Cina che la Russia. Dai nostri occhi tutto ciò sembra assurdo, ma cambi ottica e tutto ha un senso.


Una triste conseguenza della lettura del libro è la consapevolezza che molto di ciò che diamo per scontato in Italia, in Europa, in Occidente, non lo è affatto in molte altre parti del mondo. Se India, Cina, Brasile e molti altri paesi non si sono schierati con l’Ucraina contro la Russia, contro i crimini di guerra documentati, contro l’invasione di uno stato sovrano, contro la violazione del diritto internazionale, è perché questi paesi, insieme a molti altri, non si riconoscono in un mondo dove a governare sono le istituzioni e le regole internazionali nate dai vincitori della Seconda Guerra Mondiale e dai colonizzatori di molti di questi paesi.

Questi paesi, che rappresentano miliardi di persone, non sanno che farsene dei diritti umani, delle regole di una guerra giusta, delle Nazioni Unite governate da un Consiglio di sicurezza dove il veto è in mano a pochi paesi, dove chi influenza la vita degli altri è chi ha il potere economico, chi stampa il dollaro (la valuta prevalente nei commerci internazionali), e chi ha il complesso militare industriale più potente. Sono questi paesi poi a voltare le spalle ai morti bombardati, in Ucraina, a Gaza, in Libano, in Sudan, in Yemen e in molti altri paesi. Oppure simpatizzano con alcuni e non con altri.

Per rendersi conto di come cambiano le priorità basta confrontare Al Jazeera con qualsiasi altro media (giornale o tv) basato in Occidente. Al Jazeera evidenzia tutti i giorni i civili bombardati nelle loro case. New York Times, Guardian bilanciano con la motivazione di Israele di colpire Hamas e Hezbollah che si nascondono sotto gli edifici civili. La retorica del terrorismo da combattere, ovunque si nasconda, è un’arma a doppio taglio. Dove sta il limite per estirpare il terrorismo? Qual è il numero di civili che possono essere sacrificati per raggiungere questo obiettivo? La risposta di Israele è diversa da quella dell’Unione Europea, diversa da quella dell’Iran, dei paesi arabi, della Cina, del resto del mondo non allineato.

Ragionamento analogo vale per la guerra Russia – Ucraina. Quanto siamo disposti a spendere in armamenti e quanti morti siamo in grado di tollerare pur di difendere il principio dei confini stabiliti in un certo momento storico? Il numero dei Repubblicani americani è più basso di quello dei Democratici. Quello europeo è più alto di quello americano, ma non molto più alto. L’Ucraina è quasi arrivata al suo limite. La Russia ha un limite ancora più alto.

Il nostro punto di vista, italiano, europeo, occidentale, è un punto di vista. Non è il punto di vista del mondo. Il mondo ha più punti di vista. L’idea che tutto il mondo voglia essere occidentale è un’idea che dovremmo abbandonare una volta per tutte. Il mondo in cui viviamo è un mondo multipolare, nel bene e nel male. Prima ci facciamo i conti e meglio è. Considerare che il nostro sia l’unico punto di vista legittimo o quello giusto è un’idea fallimentare.

Applica questo modo di interpretare il mondo a tutti gli articoli della stampa internazionale occidentale che cercano di interpretare la politica internazionale – personalmente leggo Financial Times, New York Times, The Guardian e qualcosa di italiano – e vedrai che poco di quanto leggi ha ancora senso.

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