Un amico ha regalato a un altro il libro Il coraggio di essere sé stessi. Smettere di piacere per imparare a piacersi di Kathleen Smith. L’ho dato in pasto a NotebookLM per studiarlo un po’ e sono emersi concetti, riflessioni e suggerimenti utili.

I sistemi familiari di Bowen
Il presupposto della teoria psicologica del libro e delle azioni conseguenti sono i sistemi familiari di Bowen, che non conoscevo e per cui ho chiesto una sintesi:
La teoria dei sistemi familiari di Bowen, o teoria di Bowen in breve, è stata sviluppata dallo psichiatra americano Murray Bowen per capire come alcune famiglie affrontano meglio le sfide rispetto ad altre. Questa teoria vede le famiglie come sistemi naturali, che cercano di sopravvivere e prosperare, e considera il comportamento umano influenzato da processi che governano il mondo naturale. Invece di trattare gli esseri umani come creature speciali, Bowen li considera come prodotti dell’evoluzione, e ritiene che si possa imparare qualcosa su noi stessi studiando altri sistemi, come i gruppi di scimpanzé o le colonie di formiche.
Ecco alcuni concetti chiave della teoria di Bowen:
- Differenziazione del Sé: Questo concetto si riferisce al livello di maturità emotiva di una persona, ovvero la capacità di agire in base al proprio pensiero e di scegliere come reagire agli altri. Le persone con un sé più solido sono meno guidate da reazioni emotive automatiche e più capaci di dirigere la propria vita in base a principi e convinzioni. La differenziazione del sé è vista come un continuum, dove le persone variano da livelli bassi ad alti di sé.
- Sistemi Emotivi: La teoria di Bowen considera le famiglie come unità emotive, o organismi emotivi, che cercano di gestire l’ansia attraverso modelli prevedibili. Questi sistemi possono includere la famiglia, il team di lavoro, la congregazione o qualsiasi gruppo in cui le persone sono importanti l’una per l’altra. L’ansia è vista come una risposta a una minaccia reale o immaginaria.
- Orientamento alla Relazione: Questo termine descrive come le reazioni degli altri, reali o immaginarie, influenzano le nostre azioni. Alcune persone sono più orientate alla relazione di altre e investono molta energia cercando di essere ciò che gli altri vogliono che siano. Essere troppo orientati alla relazione può limitare l’energia disponibile per perseguire i propri obiettivi e interessi.
- Fusione: La fusione si riferisce al livello di “appiccicosità” in una relazione o in un sistema relazionale. Quando la fusione è alta, è difficile separare le emozioni di una persona da quelle dell’altra, e le decisioni vengono prese per mantenere la stabilità della relazione, anche a scapito del proprio pensiero.
- Triangoli: Quando le relazioni a due persone diventano tese, spesso si utilizza una terza persona per stabilizzare la situazione. Questo può avvenire concentrando la colpa o la preoccupazione su una terza persona, o coinvolgendo una terza persona per lamentarsi o spettegolare dell’altra.
- Processo di Proiezione Familiare: I genitori possono trasferire le loro difficoltà emotive a un figlio concentrandosi intensamente su di lui. Il figlio, a sua volta, reagisce in modo ansioso, confermando le preoccupazioni dei genitori e venendo modellato dalle loro ansie.
- Schemi di Funzionamento:
- Sovrafunzionamento e Sottofunzionamento: In questo modello, una persona appare più capace e responsabile (sovrafunzionamento) mentre l’altra sembra disfunzionale o dipendente (sottofunzionamento). Entrambe le persone beneficiano in qualche modo di questo schema, ma a lungo termine può portare a problemi per entrambi.
- Distanza: Le persone usano la distanza, sia fisica che emotiva, per gestire la tensione nelle relazioni. La forma più estrema di distanza è il “cutoff” emotivo, dove le persone evitano completamente il contatto con gli altri.
- Conflitto: Il conflitto si verifica quando due persone cercano di cambiare l’altra senza cedere.
- Pseudo-sé e Sé Solido: Il pseudo-sé è una collezione di credenze che cambiano in base a chi si trova nella stanza, influenzate dalle relazioni. Il sé solido, invece, è composto da credenze che possono resistere alla pressione delle relazioni e cambiare solo in presenza di nuove prove o esperienze.
La teoria di Bowen incoraggia a osservare i propri sistemi relazionali come un ricercatore, cercando di individuare i modelli che si ripetono per gestire l’ansia e di diventare più consapevoli del proprio ruolo in tali modelli. Invece di concentrarsi sul “cosa”, la teoria si concentra sul “come” si prendono le decisioni e si reagisce agli altri. Invece di cercare di cambiare gli altri, l’obiettivo è di lavorare sulla propria differenziazione e di diventare più responsabili di se stessi. Lavorare sulla differenziazione del sé non significa diventare un individuo isolato, ma sviluppare una capacità più flessibile di connessione e autodirezione.
Accomodamento, Sovrafunzionamento, Evitamento
In una dinamica familiare, se non relazionale, ti sarà capitato di imbatterti in una di queste tre strategie in caso di conflitto:
L’adattamento per mantenere la calma, la decisione per gli altri e il ritiro a causa della pressione sono tre reazioni comuni all’ansia nelle dinamiche relazionali, spesso viste all’interno di sistemi familiari o gruppi. Queste reazioni sono interconnesse e possono manifestarsi in modi diversi, ma tutte riflettono un tentativo di gestire la tensione e il disagio.
Ecco come si manifestano queste dinamiche secondo le fonti:
Chi si è adattato per mantenere la calma (Accomodamento):
- Queste persone tendono a mettere da parte i propri bisogni e desideri per accontentare gli altri e mantenere la pace.
- Possono nascondere le proprie opinioni, i propri sentimenti o le proprie convinzioni per evitare conflitti.
- Spesso si assumono più responsabilità di quelle che gli spettano per alleviare lo stress degli altri.
- Questo comportamento può essere motivato dal desiderio di evitare dispiacere o disapprovazione.
- L’accomodamento può sembrare una soluzione immediata, ma a lungo termine può portare a risentimento e perdita del proprio “sé”.
- L’accomodamento può anche manifestarsi attraverso il “people pleasing”, in cui si cerca costantemente l’approvazione altrui.
- Le persone che si adattano spesso si preoccupano eccessivamente di ciò che gli altri pensano di loro e cercano di essere ciò che gli altri si aspettano che siano.
- Un esempio di accomodamento è la tendenza ad assecondare le richieste degli altri senza valutare se sono in linea con i propri valori o bisogni.
Chi ha deciso per gli altri (Sovrafunzionamento):
- Queste persone tendono a prendere il controllo delle situazioni e a dire agli altri cosa devono fare o pensare.
- Possono ritenersi responsabili per le emozioni e le azioni degli altri, interferendo nelle loro scelte.
- Spesso offrono soluzioni non richieste o si intromettono nei problemi degli altri senza che questi lo desiderino.
- Chi sovrafunziona può sembrare più maturo, ma in realtà questo comportamento dipende dall’esistenza di qualcuno che non si assume responsabilità.
- Questo comportamento è spesso una reazione all’ansia, un tentativo di gestire il proprio disagio attraverso il controllo degli altri.
- Il sovrafunzionamento può manifestarsi in diversi modi, come dare costantemente consigli, correggere gli altri o fare le cose al loro posto.
- Le persone che sovrafunzionano, in realtà, non considerano l’altro capace di gestire le proprie difficoltà.
Chi si è ritirato a causa della pressione (Evitamento):
- Queste persone tendono a ritirarsi dalle relazioni o dalle situazioni che generano ansia e pressione.
- Possono evitare il contatto fisico o emotivo con gli altri.
- Possono limitarsi a conversazioni superficiali o evitare del tutto argomenti che potrebbero generare conflitti.
- Questo comportamento è spesso una reazione alla paura di essere rifiutati o disapprovati.
- L’evitamento può manifestarsi in diversi modi, come isolarsi, rimandare gli impegni, o chiudere una relazione.
- In alcuni casi, l’evitamento può portare al “cutoff”, ovvero alla rottura totale della relazione.
- Chi evita, può nascondere le proprie opinioni per non generare tensioni o fingere di essere d’accordo quando non lo è per evitare discussioni.
Queste tre reazioni sono spesso interconnesse e si manifestano all’interno di un sistema relazionale. Ad esempio, in una famiglia, una persona può adattarsi per mantenere la calma, mentre un’altra decide per tutti e una terza si ritira di fronte alla pressione. Queste dinamiche sono spesso cicliche e possono perpetuarsi nel tempo, creando schemi disfunzionali nelle relazioni. È importante sottolineare che queste non sono “etichette” per identificare le persone, ma modalità di reazione all’ansia che possono essere osservate in un sistema. Ogni individuo può adottare una o più di queste reazioni in diversi contesti e momenti della vita.
La teoria di Bowen suggerisce che l’obiettivo non è quello di eliminare queste reazioni, ma di aumentare la propria differenziazione del sé. Ciò implica la capacità di osservare queste dinamiche e di scegliere risposte più consapevoli e responsabili, basate sul proprio pensiero e non sulla reattività emotiva. Invece di adattarsi, decidere per gli altri o ritirarsi, è possibile imparare a mantenere la propria individualità pur rimanendo in relazione con gli altri.
Strategie per la differenziazione del sé
Essere un individuo autonomo, per quanto in relazione con gli altri, è un elemento fondamentale della salute mentale secondo Bowen. Bene quindi capire cosa fare nella realtà di tutti i giorni.
La teoria di Bowen considera la differenziazione del sé come la capacità di una persona di pensare e agire per se stessa, mantenendo al contempo relazioni con gli altri. Non si tratta di isolarsi, ma di sviluppare una maggiore flessibilità tra la connessione e l’autodirezione. La differenziazione si colloca su un continuum, dove le persone possono variare da un basso a un alto livello di sé. Ecco alcune strategie che possono aiutare ad aumentare la differenziazione del sé, tratte dai documenti forniti:
- Essere un conoscitore della propria mente (mind knower) piuttosto che un lettore della mente (mind reader):
- Questo significa imparare a determinare i propri pensieri e le proprie convinzioni invece di indovinare ciò che gli altri pensano.
- Riconoscere quando si sta leggendo la mente altrui e dirigere l’attenzione verso la conoscenza della propria mente.
- Esercitarsi a prendere decisioni basate sul proprio pensiero e principi, piuttosto che sulle reazioni emotive automatiche.
- Chiedersi: “Come vorrei rappresentare me stesso in queste relazioni?”.
- Osservare i propri schemi di relazione:
- Assumere un atteggiamento da ricercatore verso la propria vita.
- Identificare i modelli prevedibili che si usano per gestire l’ansia nelle relazioni.
- Riconoscere i tre tipi di reazioni automatiche: accondiscendere, agire d’impulso e evitare.
- Individuare il proprio ruolo nel “ferris wheel” delle relazioni, ovvero il modello di azioni e reazioni in un rapporto.
- Ridurre l’orientamento alla relazione:
- Riconoscere quanto tempo si spende a preoccuparsi di cosa pensano gli altri.
- Smettere di cercare di controllare gli altri e iniziare a concentrarsi su se stessi.
- Dare la priorità ai propri obiettivi e interessi.
- Lavorare sulle relazioni “persona a persona”:
- Parlare delle proprie esperienze e convinzioni.
- Evitare di concentrarsi su terze persone.
- Evitare argomenti superficiali.
- Creare opportunità per definire se stessi agli altri.
- Chiedersi “Come vorrei comunicare il mio pensiero?”.
- Non cercare di cambiare gli altri:
- Concentrarsi sul proprio comportamento e su come si vuole rispondere alle situazioni.
- Evitare di manipolare gli altri cambiando il proprio comportamento.
- Chiedersi: “Come voglio rispondere con maturità all’immaturità degli altri?”.
- Essere responsabili verso gli altri, non per gli altri:
- Fare un passo indietro per permettere agli altri di essere responsabili delle proprie azioni.
- Essere presenti in una relazione senza superare i limiti.
- Rispettare l’individualità degli altri.
- Sviluppare un sé solido:
- Identificare le credenze che si sono adottate dalla famiglia o da altre fonti.
- Individuare credenze in conflitto tra loro.
- Concentrarsi sullo sviluppo di credenze basate su prove ed esperienze, piuttosto che sulla pressione delle relazioni.
- Non fare affidamento su soluzioni “veloci”:
- Dare una attenzione ponderata (thoughtful) piuttosto che ansiosa alle sfide.
- Tollerare il disagio nel prendere decisioni difficili.
- Riconoscere che la crescita avviene attraverso prove ed errori.
- Sviluppare i propri obiettivi e interessi:
- Non lasciare che le relazioni siano le uniche fonti di energia e soddisfazione.
- Avere interessi e obiettivi individuali, oltre a quelli condivisi nelle relazioni.
- Chiedersi “Cosa è importante per me?”.
- Non aver bisogno che gli altri abbiano i nostri stessi obiettivi.
- Essere un individuo all’interno di una relazione.
- Valutare se stessi con il proprio metro:
- Non usare gli altri come standard per valutare il proprio successo.
- Sviluppare i propri principi e criteri per valutare il proprio operato.
- Chiedersi: “Come vorrei essere responsabile oggi?”.
- Imparare a gestire la propria reattività:
- Riconoscere la propria reattività emotiva e la sua influenza sulle relazioni.
- Imparare a gestire l’ansia che deriva dal non fare ciò che si farebbe di solito per calmarla.
- Accettare l’immaturità degli altri:
- Riconoscere che l’immaturità fa parte della condizione umana.
- Invece di concentrarsi sul cambiare gli altri, imparare a rispondere con maturità.
- Essere responsabili verso gli altri, non per gli altri:
- Fare un passo indietro per permettere agli altri di essere responsabili delle proprie azioni.
- Essere presenti in una relazione senza superare i limiti.
- Rispettare l’individualità degli altri.
- Riconoscere i modi in cui si presta o si prende in prestito il “sé”:
- Individuare i modelli di sovrafunzionamento e sottofunzionamento.
- Notare quando si fanno cose per gli altri che potrebbero fare da soli.
- Chiedersi: “Cosa faccio per gli altri che possono fare da soli?”.
- Osservare come i gruppi possono aumentare temporaneamente il livello funzionale di differenziazione.
- Suddividere i problemi:
- Identificare i “mini-passi” che si possono intraprendere per affrontare le sfide.
- Non sovraccaricarsi di grandi problemi ma affrontare piccoli aspetti del problema
- Individuare “mini-posizioni” basate sul proprio pensiero.
Queste strategie sono un processo, non una soluzione rapida. La differenziazione è un lavoro che si fa per sé, e da sé, e richiede una pratica costante nelle relazioni significative della propria vita. Richiede anche il coraggio di mettere in pratica il proprio pensiero, nonostante il disagio che potrebbe derivarne.
Esercizi pratici e spunti di riflessione
A un libro di psicologia è giusto chiedere consigli pratici. Cosa che prontamente ho fatto. Ce n’è per tutti. Alcuni si sovrappongono al punto precedente, ma vale sempre il concetto repetita iuvant:
Certamente. Ecco alcuni esercizi pratici e spunti di riflessione basati sulle fonti e sulla nostra conversazione precedente, che ti aiuteranno ad applicare i concetti della teoria di Bowen nella tua vita. L’obiettivo principale di questi esercizi è aumentare la tua differenziazione del sé, diventando più consapevole dei tuoi schemi relazionali e sviluppando una maggiore autonomia emotiva.
Esercizi per identificare e modificare gli schemi relazionali:
- Essere ciò che gli altri vogliono che tu sia:
- Rifletti onestamente su quanto della tua energia quotidiana è dedicata a cercare di essere ciò che gli altri si aspettano da te.
- Fai un elenco delle attività recenti in cui eri più concentrato a gestire le reazioni altrui che a vivere secondo il tuo pensiero.
- Chiediti: “Quante delle mie azioni sono per compiacere gli altri e quante sono per me?”
- Quanto “sé” c’è nelle tue relazioni?
- Fai un elenco delle dieci relazioni più importanti nella tua vita.
- Indica quali sono le relazioni in cui ti senti più te stesso/a e meno preoccupato/a delle reazioni altrui.
- Indica le relazioni in cui sei più orientato/a alla relazione, più disposto/a a lasciarti cambiare o a cercare di cambiare gli altri.
- Classifica le tue relazioni dalla “meno sé” alla “più sé” e rifletti su come puoi essere più autentico/a in quelle meno “sé”.
- Come ti adatti?
- Fai un rapido elenco di tutti i modi in cui fai piccoli o grandi aggiustamenti per mantenere gli altri calmi o felici.
- Chiediti, “È così che voglio essere?”
- Il gioco della colpa:
- Pensa a tre persone che hai accusato per il modo in cui funzioni oggi.
- Come puoi fare un passo indietro e pensare al sistema emotivo più ampio in gioco?
- Quali domande utili puoi porre?
- Come puoi essere più responsabile di te stesso/a da adulto/a?
- L’attenzione ansiosa:
- Riconosci come la tua attenzione ansiosa si manifesta nelle tue relazioni.
- Individua i modi in cui cerchi di gestire o aggiustare gli altri.
- Oppure come lasci che gli altri ti gestiscano o aggiustino.
- Sei più portato a trattare la tua immaginazione come realtà?
- O ad abbandonare i tuoi pensieri per soluzioni facili e popolari?
- Ti concentri su ciò che “dovresti” fare?
- Osserva i triangoli:
- Identifica i triangoli che ti hanno messo in difficoltà nella tua vita.
- Hai mediato discussioni tra partner, amici o colleghi?
- Come puoi relazionarti con ognuno a livello “persona a persona” in questi triangoli?
Esercizi per sviluppare il tuo pensiero e le tue convinzioni:
- Impara qualcosa sulla tua famiglia:
- Esplora la storia della tua famiglia, cercando chi si è adattato per mantenere la calma, chi ha deciso per gli altri, e chi si è ritirato a causa della pressione.
- Rifletti su come le persone hanno fatto pressione sugli altri per cambiare.
- Chiediti: “Quali sono le mie eredità emotive?”
- Il tuo “buffet” di credenze:
- Scrivi alcune credenze che hai adottato dalla famiglia o da altre fonti.
- Quali credenze erano in conflitto tra loro?
- Cerchia le credenze che si sono sgretolate o si sgretolerebbero applicando la tua logica.
- Giornata di mentalizzazione:
- Per un giorno, prendi nota di ogni volta che cerchi di indovinare cosa gli altri pensano o sentono.
- Dove sei più vulnerabile alla “lettura della mente”?
- Chiediti quando e dove è più necessario concentrarsi sulla conoscenza della propria mente.
- Il tuo “permesso di essere”:
- Dove cerchi negli altri le loro imperfezioni o rassicurazioni per darti il permesso di essere umano/a?
- Come puoi fare questo lavoro su di te?
- Crea il tuo “permesso di essere” usando le parole che ti servono per ricordare chi sei.
- Cosa ti definisce?
- Scegli un argomento importante per te (salute, politica, religione, relazioni, ecc.).
- Scrivi alcune pagine sulle tue convinzioni in merito.
- Sii onesto/a su ciò di cui non sei sicuro/a.
Esercizi per aumentare la tua responsabilità personale:
- Muscoli deboli:
- Fai un elenco delle abilità che hai perso o non hai mai sviluppato perché altri erano disposti a fare per te.
- Scegli tre abilità su cui vorresti lavorare quest’anno.
- Come possono esserti utili queste abilità nelle relazioni in cui tendi a sottofunzionare?
- Alternative al “mat talk”:
- In quali situazioni della tua vita ti affidi alle parole di incoraggiamento degli altri per essere responsabile?
- Quali domande puoi porti prima di cercare automaticamente queste rassicurazioni? (Ad esempio, “Come penso di aver fatto? Cosa penso mi sarà utile oggi?”)
- Sei un “cacciatore di contenuti”?
- Fai un elenco dei contenuti di auto-aiuto che hai consumato nell’ultimo anno.
- Rifletti su quando eri più concentrato/a a ottenere la scarica di dopamina che a lavorare sui tuoi obiettivi.
- Come puoi creare più spazio durante la settimana per lasciare vagare la mente e farti buone domande?
- La tua “lingua dell’ansia”:
- In che modo hai cercato di calmare il tuo partner e in che modo loro hanno cercato di calmarti?
- Come vorresti essere in grado di soddisfare i tuoi bisogni e gestire il tuo disagio?
- Dipendenza matura o immatura?
- Pensa ai modi in cui hai dimostrato una dipendenza immatura dagli altri in un gruppo.
- Sei più incline a prendere il controllo o a chiedere l’opinione di tutti?
- Scrivi le tue idee su come puoi operare più come un sé rispettando gli altri in famiglia, al lavoro o in altri gruppi.
- Il tuo “permesso di essere”:
- Dove cerchi negli altri le loro imperfezioni o rassicurazioni per darti il permesso di essere umano/a?
- Come puoi fare questo lavoro su di te?
- Crea il tuo “permesso di essere” usando le parole che ti servono per ricordare chi sei.
- Mini-passi:
- Cerca opportunità per definire te stesso/a agli altri, anche con piccole azioni.
- Non è necessario fare gesti eclatanti, ma cercare i piccoli momenti in cui prendere decisioni secondo il proprio pensiero.
Spunti di riflessione:
- Il potere delle domande: Le domande coinvolgono il pensiero nel modo in cui le risposte non possono. Le domande ti allontanano dall’autocritica quando inizi a vedere la tua eredità emotiva.
- L’importanza dell’osservazione: Osserva i tuoi schemi relazionali come se stessi guardando una partita di football dall’alto di uno stadio. Quando vedi gli schemi, puoi interromperli.
- La differenza tra “mat talk” e “prep talk”: Distingui tra il bisogno di incoraggiamento esterno (mat talk) e la capacità di generare motivazione intrinseca (prep talk).
- L’autenticità: Cerca di comunicare il tuo pensiero in modo autentico, senza accondiscendere né evitare.
- L’importanza delle relazioni “persona a persona”: Queste relazioni sono fondamentali per diventare più maturi e per lavorare sulla differenziazione.
- Non è una competizione: Il tuo percorso è tuo, non confrontarti con gli altri.
- Non c’è una formula magica: La maturità non ha un percorso unico, è un processo di sperimentazione e apprendimento.
- Sii curioso: La curiosità è essenziale nel processo di crescita. Sii curioso delle tue relazioni, del tuo passato e di come ti presenti nel mondo.
- Agisci: Pensa a come vuoi essere, e agisci di conseguenza, anche in piccoli passi.
Ricorda, la differenziazione del sé è un processo continuo, non una destinazione. Sii paziente con te stesso/a e celebra ogni piccolo progresso. Questi esercizi e spunti di riflessione sono progettati per aiutarti ad avviare e sostenere questo percorso.
Tra tutti i concetti espressi, ne ho voluto approfondire tre:
Essere responsabili verso le persone, non per le persone
Essere responsabili verso le persone, non per le persone, è un concetto chiave per sviluppare relazioni sane e promuovere la crescita individuale, secondo la teoria di Bowen. Questo principio sottolinea l’importanza di distinguere tra il prendersi cura degli altri in modo responsabile e l’assumersi la responsabilità della loro vita e delle loro azioni. La responsabilità verso le persone implica essere presenti e partecipi nelle relazioni, offrendo sostegno emotivo e aiuto concreto quando necessario, ma senza intromettersi nelle loro scelte e senza privarle della loro autonomia. Al contrario, essere responsabili per le persone significa assumere il controllo della loro vita, cercando di gestire i loro problemi e di dirigere le loro decisioni, un comportamento che può ostacolare la loro crescita e il loro sviluppo.
Ecco alcuni aspetti importanti di questo concetto, basati sulle fonti e sulla nostra conversazione:
- Essere presenti e partecipi: Essere responsabili verso gli altri significa essere presenti nelle loro vite, ascoltare le loro esperienze, condividere i propri pensieri e sentimenti e offrire sostegno quando necessario. Questo implica mostrare interesse genuino, essere curiosi delle loro opinioni e rispettare i loro bisogni e i loro tempi.
- Offrire aiuto, non controllo: È importante offrire aiuto concreto quando le persone ne hanno bisogno, ma senza assumere il controllo della situazione. Ciò significa evitare di fare le cose al posto loro o di prendere decisioni per loro. È invece utile dare loro la possibilità di imparare e di crescere, anche attraverso gli errori.
- Rispettare l’autonomia: Essere responsabili verso le persone significa rispettare la loro autonomia e la loro individualità. Ciò implica riconoscere che ogni persona ha il diritto di fare le proprie scelte e di vivere la propria vita secondo i propri valori e principi.
- Comunicare in modo chiaro e onesto: Essere responsabili verso gli altri significa comunicare in modo chiaro e onesto. Ciò implica esprimere i propri bisogni e le proprie opinioni, senza manipolare o controllare gli altri e definire i propri confini in modo esplicito.
- Focalizzarsi sulla propria responsabilità: La responsabilità verso gli altri inizia con la responsabilità verso se stessi. Ciò significa imparare a gestire le proprie emozioni, a definire i propri confini e ad agire in accordo con i propri valori. Questo permette di interagire con gli altri in modo più maturo e consapevole.
- Non confondere aiuto con overfunctioning: Essere responsabili verso le persone non significa fare tutto per loro. Al contrario, l’overfunctioning, ovvero l’eccessiva preoccupazione e l’intromissione nella vita altrui, è spesso un modo per gestire la propria ansia e può ostacolare la crescita degli altri. Invece di assumere il controllo, è utile permettere alle persone di essere responsabili di sé stesse.
- Lasciare che le persone imparino dalle proprie esperienze: Essere responsabili verso gli altri significa anche accettare che le persone imparano dalle proprie esperienze, inclusi gli errori. Invece di proteggerle da ogni difficoltà, è importante offrire loro il supporto necessario per affrontare le sfide e imparare da esse.
- Promuovere l’indipendenza: Essere responsabili verso gli altri significa promuovere la loro indipendenza. Questo implica supportare le persone nel loro percorso, senza far dipendere la loro crescita da noi.
- Essere un modello di maturità: Agire con responsabilità verso gli altri non significa cercare di cambiarli o di controllarli, ma essere un modello di comportamento responsabile e consapevole. Questo è un modo per dare a chi ci circonda la possibilità di imparare un modo migliore per relazionarsi e comportarsi.
In sintesi, essere responsabili verso le persone, non per le persone, significa mantenere un equilibrio tra la cura e il rispetto, offrendo sostegno e aiuto senza intromettersi nella loro vita o negare loro la possibilità di essere autonomi. Questo approccio permette di costruire relazioni più sane e funzionali, in cui ogni persona ha la possibilità di crescere e di sviluppare il proprio potenziale. La responsabilità verso gli altri è quindi un modo per dare il proprio contributo alla crescita del sistema relazionale nel suo complesso, non per gestire o controllare gli altri, un concetto chiave per aumentare la propria differenziazione del sè.
Essere curiosi, non giudicanti
Essere curiosi e non giudicanti è un approccio fondamentale per promuovere la crescita personale e migliorare le relazioni, come suggerisce la teoria di Bowen. Invece di reagire automaticamente con giudizio o critica, la curiosità permette di esplorare le situazioni con una mente aperta e di comprendere meglio le motivazioni e i comportamenti altrui, e anche i propri. Questo atteggiamento è centrale per sviluppare la differenziazione del sé, ovvero la capacità di mantenere la propria individualità e autonomia emotiva nelle relazioni.
Ecco alcuni punti chiave che emergono dalle fonti, per coltivare un atteggiamento curioso e non giudicante:
- Osservare senza giudicare: Invece di interpretare immediatamente le azioni altrui, osserva il comportamento senza formulare giudizi. Cerca di capire le dinamiche relazionali e i modelli che si ripetono, come se fossi uno “scienziato” che studia un fenomeno. Questa osservazione aiuta a riconoscere i pattern relazionali e a capire il proprio ruolo all’interno di essi.
- Porre domande aperte: La curiosità si esprime attraverso domande che stimolano la riflessione, sia in sé stessi che negli altri. Invece di dare risposte o soluzioni, poni domande aperte che incoraggino l’altra persona a esplorare le proprie motivazioni e prospettive. Alcuni esempi di domande utili sono: “Cosa ti ha portato a fare questa scelta?”, “Come ti senti in questa situazione?”, “Quali sono le tue aspettative?”.
- Ascoltare attivamente: Ascolta attentamente le risposte, senza interrompere o giudicare. Concentrati sul punto di vista dell’altro, cercando di comprendere la sua esperienza. Questa pratica aiuta a creare connessioni più profonde e significative.
- Sospendere il giudizio: Spesso, le nostre reazioni immediate sono guidate da giudizi e preconcetti. È importante imparare a sospendere il giudizio e a considerare che le persone agiscono sulla base delle proprie esperienze, credenze e valori. Cerca di capire le ragioni dietro un comportamento, invece di etichettarlo come “sbagliato” o “immaturo”.
- Riconoscere la propria fallibilità: È fondamentale riconoscere che anche noi commettiamo errori e che non abbiamo tutte le risposte. Questa consapevolezza aiuta ad essere più comprensivi e meno giudicanti verso gli altri e anche verso noi stessi.
- Evitare di “aggiustare” gli altri: La tendenza a “aggiustare” gli altri, dando consigli o cercando di cambiarli, è spesso un modo per gestire la propria ansia e non è efficace. Concentrati invece sulla tua risposta, su come vuoi comportarti e lascia che le persone siano responsabili delle proprie scelte.
- Accettare le differenze: La curiosità aiuta ad accettare le differenze, sia in sé stessi che negli altri. Riconosci che le persone hanno prospettive diverse e che non tutti la pensano o agiscono come vorremmo noi. Questa accettazione permette di creare relazioni più autentiche e rispettose.
- Essere “mind knower”: Coltiva la capacità di “mind knowing”, ovvero la capacità di definire i propri pensieri, credenze e valori anziché concentrarti esclusivamente su ciò che gli altri pensano (“mind reading”). Chiediti, “Cosa penso io?”, “Cosa credo?”, “Come voglio agire?”.
- Essere responsabili verso gli altri: La responsabilità non significa controllare o dirigere gli altri, ma essere presenti e partecipi nelle relazioni, pur mantenendo la propria individualità.
- Imparare dagli altri: La curiosità può anche portare a imparare dagli altri. Sii aperto a nuove idee e prospettive, riconoscendo che ognuno ha qualcosa da insegnare.
- Spostare l’attenzione da “cosa” a “come”: Sposta l’attenzione dal “cosa” (il contenuto delle azioni) al “come” (il processo decisionale). Invece di focalizzarti sulle azioni in sé, chiediti come una persona è arrivata a fare quelle scelte, e anche come sei arrivato tu a reagire a quelle scelte.
Essere curiosi e non giudicanti non significa essere passivi o indifferenti, ma approcciare il mondo con una mentalità aperta e disponibile all’apprendimento. Questo atteggiamento promuove la crescita personale, migliora le relazioni e contribuisce a creare un ambiente più comprensivo e rispettoso. La curiosità, combinata con una buona dose di auto-riflessione, ti aiuta a diventare più consapevole di te stesso e ad agire in modo più autentico e responsabile.
Rispondere con maturità all’immaturità degli altri
Per rispondere con maturità all’immaturità degli altri, è fondamentale spostare il focus dagli altri a se stessi, concentrandosi sulle proprie reazioni e comportamenti piuttosto che cercare di cambiare o controllare gli altri. Questo approccio, centrale nella teoria di Bowen, implica un lavoro di differenziazione del sé, ovvero la capacità di mantenere la propria individualità e autonomia emotiva all’interno delle relazioni. Invece di reagire automaticamente all’immaturità altrui, è possibile scegliere una risposta più consapevole e responsabile, basata sul proprio pensiero e sui propri valori.
Ecco alcuni punti chiave per rispondere con maturità all’immaturità degli altri, basati sulle informazioni contenute nelle fonti:
- Riconoscere i propri schemi di reazione: Il primo passo è identificare i propri schemi di reazione automatici all’immaturità altrui. Questi schemi possono includere l’accomodamento (cercare di accontentare tutti), l’evitamento (ritirarsi dalla situazione) o l’agire (ribellarsi o attaccare l’altro). Una volta riconosciuti questi schemi, è possibile iniziare a modificarli.
- Adattamento: Si tende ad assecondare gli altri, a mettere da parte i propri bisogni e a non esprimere le proprie opinioni per evitare conflitti.
- Evitamento: Si cerca di evitare il contatto o la discussione, ci si ritira o si tagliano le relazioni per non affrontare il problema.
- Agire: Si reagisce in modo impulsivo, ribellandosi o attaccando l’altra persona.
- Spazio tra stimolo e risposta: È utile creare uno spazio tra lo stimolo (l’immaturità dell’altro) e la propria reazione, per non agire in modo automatico e impulsivo. In questo spazio, si può riflettere su come si vuole rispondere e se tale reazione riflette il proprio modo di essere. Ciò implica osservare le proprie reazioni e il loro impatto sulle relazioni.
- Gestire l’ansia: L’immaturità altrui può generare ansia e frustrazione. È importante imparare a gestire la propria ansia prima di rispondere, per non farsi guidare dalla reattività emotiva. Ciò può includere pratiche di consapevolezza, tecniche di rilassamento o semplicemente prendersi un momento per respirare prima di reagire.
- Focus su se stessi: Invece di cercare di cambiare l’altro, è importante concentrarsi sul proprio comportamento e sulle proprie responsabilità. Ciò implica chiedersi: “Come voglio rispondere con maturità a questa situazione?” piuttosto che “Come posso fare in modo che l’altro si comporti meglio?”.
- Definire i propri valori: È utile identificare i propri valori e principi e agire in accordo con essi. Ciò può includere definire cosa significa per sé “maturità”, “rispetto”, o “responsabilità” e utilizzare questi valori come guida nel prendere decisioni.
- Essere un “mind knower”: Occorre esercitare la capacità di “mind knowing”, ovvero la capacità di definire i propri pensieri, credenze e valori anziché concentrarsi esclusivamente su ciò che gli altri pensano (“mind reading”). Occorre chiedersi cosa si pensa, cosa si crede e cosa si vuole fare.
- Essere responsabili verso gli altri, non per gli altri: È fondamentale distinguere tra essere responsabili verso gli altri ed essere responsabili per gli altri. Essere responsabili verso gli altri significa essere presenti e partecipi nelle relazioni, mantenendo il contatto emotivo, ma senza farsi carico dei problemi o delle responsabilità altrui. Essere responsabili per gli altri, invece, significa intromettersi nella loro vita e privarli della possibilità di crescere.
- Porre domande, non dare risposte: Quando si interagisce con persone che mostrano immaturità, è utile porre domande che stimolino la loro riflessione, piuttosto che dare loro soluzioni o consigli non richiesti. Domande aperte e curiose possono aiutare l’altra persona a sviluppare una maggiore consapevolezza di sé e ad assumersi le proprie responsabilità.
- Evitare di tenere il punteggio: Non bisogna concentrarsi eccessivamente su cosa gli altri pensano di noi o su quanto gli altri ci considerano o meno. È importante focalizzarsi sul proprio comportamento e su come si desidera agire nelle relazioni.
- Riconoscere i pattern relazionali: È importante osservare le dinamiche che si creano nelle relazioni e identificare gli schemi che si ripetono. Questo aiuta ad essere meno reattivi e più consapevoli del proprio ruolo nelle interazioni.
- Praticare la differenziazione: La differenziazione del sé non è un percorso solitario, ma si sviluppa nelle relazioni. Ciò implica mantenere il contatto con gli altri pur rimanendo autonomi.
- Accettare l’immaturità altrui: Bisogna accettare che le persone hanno diversi livelli di maturità e che non tutti si comporteranno come vorremmo. La maturità non richiede una specifica reazione da parte degli altri.
- Focalizzarsi sulla propria crescita: È importante vedere le sfide relazionali come opportunità per la propria crescita personale. Invece di reagire con frustrazione o rabbia, è possibile utilizzare queste situazioni per lavorare sulla propria maturità e sul proprio modo di relazionarsi con gli altri.
- Essere un modello di maturità: Agire con maturità non significa cercare di cambiare gli altri, ma essere un modello di comportamento responsabile e consapevole. Quando una persona agisce in modo più differenziato, crea un’opportunità per gli altri di fare lo stesso.
In sintesi, rispondere con maturità all’immaturità degli altri significa assumersi la responsabilità del proprio comportamento, gestire le proprie emozioni e agire in accordo con i propri valori e principi, senza cercare di controllare o cambiare gli altri. Questo approccio non solo porta a relazioni più sane e funzionali, ma contribuisce anche alla propria crescita personale e al proprio benessere.
Tra tutti i consigli, trovo il più sfidante e utile proprio l’ultimo punto: gestire l’immaturità (psicologica) delle persone. Mi compiaccio (inutilmente) di come io abbia acquisito gli elementi cardine della maturità e di come sia in grado di gestire l’immaturità altrui, almeno il più delle volte. Non mi manca l’esercizio, questo no.
Mi piace anche contribuire a diffondere cultura sulla psicologia e le relazioni perché credo che tutti abbiamo qualcosa da imparare. Questo vuole essere un piccolo contributo in questa direzione.
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