Incontri in Sri Lanka

Nelle ultime ore ho avuto varie occasioni di imbattermi di nuovo nello Sri Lanka genuino, paese in cui sto viaggiando ancora per qualche giorno. Genuino perché non puoi conoscere il paese e sentirne il polso, almeno in parte, se non vivi qualche esperienza come chi ci vive. In certi momenti non è facile, ma ne vale la pena. Almeno per me.

Cipolle a colazione

Le ultime due notte le ho dormite a Payagala. Non chiedermi perché ho aggiunto questa meta nel mio itinerario, perché non c’è di fatto niente da vedere e niente da fare, se non visitare una spiaggia modesta con qualche pescatore. Non per niente di turistico non c’è nulla. Bello per la mia idea di viaggio. Brutto se hai bisogno di qualche servizio in più. In ogni caso ho trovato una stanza di un proprietario che ha appena cominciato la sua avventura nel turismo, con AirBnb e Booking.com. Sono stato il suo primo ospite dalla seconda piattaforma e mi ha trattato da re.

Il trattamento ha compreso un alla fine della prima giornata, soltanto perché avevo già cenato per i fatti miei. Colazione fatta dalla moglie e consegnata da lui stesso alle 6,30 prima di andare al lavoro. Cena la seconda sera, lui a mangiare con le mani come da tradizione a me tavolo e posate, con la moglie che a un certo punto tira fuori due foto dal matrimonio e un libro/album fotografico. Mi fotografa mentre mangio, come se volesse immortalare l’incontro con un alieno, proprio a casa sua, da condividere con le amiche. Mi presto anche a un selfie tutti insieme appassionatamente. Evviva lo scambio culturale!

Stamattina il padrone di casa mi promette di portarmi riso cotto nel latte di cocco (milk rice). La consegna è posticipata dalle 6,30 alle 9 circa e sarà la moglie a portarmi la colazione. Non mi aveva anticipato che avrebbe aggiunto anche un po’ di cipolle della sera prima.

Ho chiesto a Gemini come si chiamasse questo piatto. La risposta: luni miris.

Dall’immagine che hai caricato, quella che ti è stata offerta insieme al milk rice è molto probabilmente “lunu miris”.

Cos’è il “lunu miris”?

Il “lunu miris” è un condimento tradizionale molto popolare in Sri Lanka, spesso servito con piatti come il milk rice (kiribath), ma anche con roti, string hoppers e altri cibi.

Ingredienti tipici:

  • Cipolla rossa: Tagliata finemente o tritata.
  • Peperoncino: Peperoncino verde o rosso (spesso il “kochchi” che è molto piccante), tritato finemente. La quantità varia a seconda del livello di piccantezza desiderato.
  • Sale: Per insaporire.
  • Succo di lime o limone: Per aggiungere un tocco di acidità e freschezza.
  • A volte: Possono essere aggiunti anche pezzetti di pomodoro, maledive fish (umbalakada – pesce essiccato e macinato, ma tu sei vegetariano/vegano quindi questa versione non ti sarà stata offerta), o cocco grattugiato.

Perché si mangia con il milk rice a colazione?

Il milk rice è un piatto semplice e delicato, fatto con riso cotto nel latte di cocco. Il “lunu miris” viene servito come contrasto piccante e saporito per dare più gusto al milk rice. L’equilibrio tra la dolcezza e la cremosità del milk rice e la piccantezza e l’acidità del “lunu miris” è molto apprezzato nella colazione srilankese.

Sapore:

Il “lunu miris” ha un sapore decisamente piccante e salato, con una nota acida e fresca data dal lime o dal limone.

Non so come, ma per dovere di ospitalità ho mangiato tutto. Quasi di gusto. Gemini mi ha rassicurato sul piano nutrizionale e comunque in questo viaggio sento di aver perso peso. Devo mangiare.

Poco dopo ho raccolto le mie cose e sono uscito a prendere l’autobus per la penultima destinazione dove mi trovo ora: Wadduwa.

Avventure in autobus

Il viaggio non è stato proprio una passeggiata. Alle 10 il sole picchiava già forte. Attendo il bus numero 2, consigliato da Google Maps, anche se potrei prenderne anche altri, visto che vanno tutti nella stessa direzione. Quando passa, dico al bigliettaio che si sporge dalla porta aperta che devo andare a Wadduwa, mi fa un cenno di diniego e riparte senza farmi salire. Succede più volte. In qualche caso con il bus che neanche si ferma. Non ho molta fortuna.

Preso dal caldo e da un po’ di frustrazione mi dirigo alla fermata del treno, poco lontana. Provo a circumnavigare tra i treni da prendere, considerando che la mia destinazione è poco lontana da una fermata del treno. Rinuncio. Il sito delle ferrovie singalesi non collabora. Comprendo che dovrei s a cendere a una stazione e poi prendere un altro treno, nonostante il tragitto complessivo sia sulla costa e pari a poco più di 20 chilometri in tutto. L’orario di partenza del primo treno nella direzione giusta non corrisponde a quello che mi dice Google Maps. Non riesco a trovare le informazioni online per dipanare la matassa. Torno sulla strada.

Questa volta divento più furbo e dico la fermata intermedia del bus, dove c’è una stazione. Magari la mia destinazione richiede veramene un cambio? Riesco a salire sul 2, dico la fermata e il ragazzo bigliettaio mi fa capire che devo scendere prima. Non parla inglese, ma capisco lo stesso. Mi rassegno a cambiare bus.

Arrivato a alla stazione intermedia nuova sfida: capire da dove parte il mio secondo bus. Per fortuna, come successo in precedenza, un’anima pia, forse un conducente di tuk-tuk che sperava di accalappiarmi, mi indica il bus. Salgo e partiamo. Un ragazzo molto giovane, molto magro, con una canotta che amplifica la magrezza, mi approccia e mi fa delle domande su dove vado, se ho una sistemazione, se so come arrivarci. Cerco di rispondere il minimo indispensabile per non essere scortese. Lo guardo una volta sola in faccia e ha un occhio molto arrossato (droga? stanchezza? malnutrizione?). Mi sembra un po’ strano. Si siede di me e poi a un certo punto scende.

Arriva il turno della mia fermata, mi preparo a scendere ma il conducente non si ferma. Si fermerà solo alla fermata successiva, dove salgono altri passeggeri. Non sono ancora riuscito a capire come segnalare al conducente di fermarsi. Amen. La distanza dalla mia destinazione è più o meno la stessa. Mi avvio a piedi. Arrivo stremato, accolgo un upgrade della stanza a un prezzo leggermente superiore (per 3 euro ce la posso fare e si sente anche il rumore del mare). Mi chiudo in stanza. Sono le 13 e sono stremato, Dopo il riso e la cipolla non ho neanche voglia di pranzare. Dormo. Nelle orecchie mi rimane un rumore ripetitvo. Quando mi sveglio, due ore dopo, guardo fuori e noto alcuni ragazzini che giocano a cricket. Spiegato il rumore ritmico. Nuvoloso, tempo di andare in spiaggia.

La spiaggia e i monaci

Nel pomeriggio passato in spiaggia ad alternare la lettura di Careless People, libro che merita un post dedicato, e la visione del mare, a un certo punto sono apparsi quattro monaci. Ho scoperto poi non troppo lontano dalla spiaggia un tempio buddista. Uno dei quattro si è tolto parte del vestito e si è messo sul bagnasciuga. Un altro, vestito di rosso, lo ha poi seguito, cercando di evitare l’onda e non bagnarsi troppo. Al momento di andarsene, si sono rivestiti e li ho preso lo scatto del vestito al vento.

Un’oretta prima mi sorprende con un saluto un altro indigeno. Ero immerso nella lettura e mi ha fatto sobbalzare. Prova ad attaccare un po’ bottone, con lo scopo di propormi una scuola di surf. Povero, sulla spiaggia non c’è pressoché nessuno e comprendo la necessità di procacciarsi dei clienti (e del cibo!). Tentativo fallito con me, purtroppo. Mi chiede che giro abbia fatto, se sono stato al sud e se lì c’erano molti turisti. Gli ho detto che in alcuni luoghi c’erano (Galle, Mirissa) e in altri meno (Tangalle, Benthota). Si è un po’ sorpreso. Ho l’impressione che anche qui a Wadduwa i turisti scarseggiano, seppur sia la fine dell’alta stagione.

Pizza!

Per una sera decido di cambiare. Nuova esperienza: Pizza Hut! Ebbene sì, la vicinanza con la capitale (35 km) è tale che appaiono alcuni franchise, tra cui proprio Pizza Hut, a una distanza ottimale tra spiaggia e la mia stanza.

Decido di fare una eccezione alla regola del cibo locale e vado a mangiarmi una pizza. Chiamarla pizza, rispetto alla mia idea di pizza napoletana, è tutto dire, ma questo è. I prezzi sono abbastanza popolari e c’è anche un pasto che comprende pizza media, bibita e dolcetto a un prezzo inferiore alla sola pizza. Non volevo né la bibita zuccherata, né quel dolcetto, ma dopo che la cassiera/cameriera si sbraccia più volte per cercare di farmi capire, puntando al cartello della promozione, che non mi conviene prendere solo la pizza perché costa di più di tutto il pacchetto scontato, ma alla fine capitolo. Chiedo se si può cambiare dolcetto o prendere l’acqua. La risposta è no. Mi toccherà bere 40 gr di zucchero in 400 ml di bibita, più lo zucchero del dolcetto. Amen.

Ciò che rende l’esperienza insolita non è la pizza, né l’allegra famiglia singalese con due bambini, di cui il più piccolo continua a tirare il palloncino colorato, offerto dalla catena, nella mia direzione, ma il musicista/cantante che si mette a suonare la chitarra nel locale. All’inizio pensavo potesse essere un cliente e forse lo era. Ho pensato che fosse un busker, che suona in cambio di un’offerta, ma non vedo cappello o contenitore per le offerte. Il mistero rimarrà insoluto.

Una cosa che ho notato, impossibile da non notare, è stato il livello di igiene e pulizia del locale rispetto ad altri luoghi in cui ho mangiato in Sri Lanka. Non ho mai avuto alcun problema, sia chiaro. Curioso però vedere qui tutti gli inserviente con una cuffietta trasparente in testa, la divisa d’ordinanza, tutto pulito, quasi asettico, confrontato con il cameriere scalzo del ristorante di qualche sera fa. Si vede qui che lo standard è americano, dettato dalla casa madre. Pensavo fosse un luogo per turisti, ma complice il prezzo tutto sommato basso, aveva invece una clientela locale, giovane, ben vestita. Un’esperienza da classe media, mi verrebbe da dire.

Poi esco, torno a casa, attraverso a fatica la strada trafficata perché non c’è l’illuminazione pubblica ed è oggettivamente pericoloso. Va da sé che i passaggi pedonali non sono illuminati e anche di giorno non si ferma nessuno solo perché vorresti attraversare sulle strisce. La dice lunga su quale sia la considerazione rispetto al pedone. Tra l’altro lungo la strada incrocio un altro giovane uomo che cammina nella direzione opposta alla mia, vestito con una maglietta, ma scalzo.

Il camminare scalzi è qualcosa di comune, non necessariamente tra persone disagiate. Spesso però si tratta di uomini avanti con l’età che girano vicino casa. Altra cosa che ho notato è che gli stessi uomini amano girare senza pantaloni (e presumo anche senza mutande) con un sarong firato in vita. Considerando le temperature è sicuramente l’abbigliamento più sensato.

Non faccio in tempo a tornare che mi prendo anche una lieve pioggerella, che male non fa, considerando che la temperatura è gradevole.

Sono le 21,37. Tempo di chiudere i battenti e rilassarmi un po’.

Domani è un altro giorno.

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