Viviamo nell’epoca dell’individualismo. Epoca iniziato tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70. L’era delle ideologie, nazismo, comunismo, socialismo, ha via via lasciato spazio all’individualismo. Il documentario BBC in sei parti dal titolo Can’t Get You Out of My Mind lo racconta come una delle chiavi principali d’interpretazione dell’evoluzione dell’umanità dal dopo guerra a oggi. In tutto il mondo. Negli Stati Uniti, in Europa, in Occidente, in Cina. Questo è lo spunto da cui è nata la riflessione che segue.
Con la fine della Seconda Guerra Mondiale l’imperialismo e il colonialismo vanno in crisi*. L’Impero Britannico arretra. Altri perdono pezzi. L’influenza statunitense cerca di contrastare il comunismo sovietico della Guerra fredda rovesciando democrazie in Sudamerica, influenzando la politica di vari stati europei, territorio di frontiera tra Occidente e Unione Sovietica, Italia inclusa. In Cina si passa da Mao, alla rivoluzione culturale (strumento per permettere a Mao di far fuori i suoi oppositori) che permette a Mao di mantenere il potere e poi a Den Xiao Ping, che prima fa qualche esperimento con la democrazia e poi capisce che il capitalismo di mercato che promuove il consumo è la risposta all’individualismo in Cina.
In Occidente la crisi di identità post-imperiale, la ribellione contro il sistema emerso dal dopoguerra genera la nascita del complottismo e dell’individualismo, con una crisi di fiducia che si riflette nel calo costante di partecipazione alla vita pubblica. I partiti di massa diventano dei movimenti di carta dove dietro i leader non c’è quasi più nessuno. Il risultato? I politici tornano a essere strumenti in mano all’élite e all’establishment, a cui rendono conto, non avendo dietro più un movimento partitico e politico, reale e influente. Il potere politico torna in mano al potere economico. Negli Stati Uniti. Nel Regno Unito. Nella Russia dopo la caduta dell’Unione sovietica. In Cina, con la mediazione dell’oligarchia del vertice del Partito Comunista Cinese.
Altro passaggio chiave è la caduta della parità del dollaro e il potere dei petrodollari dell’Arabia saudita negli anni ’70. Potere che viene usato dalle banche occidentali per avere denaro da prestare a tutto il mondo, per sviluppare l’economia basata sul consumo. La Cina si presta a questo gioco, diventando la fabbrica di beni a basso costo del mondo. Le masse isolate e infelici, a partire dalla suburbia americana, a cui l’individualismo e la mancanza di appartenenza a un gruppo generano un disagio esistenziale, ottengono una risposta dallo stesso sistema capitalista: Valium e altri psicofarmaci che incanalano l’ansia e permettono di non porsi domande esistenziali, sviluppando la propria individualità nel lavoro e nel consumo. Oggi il Valium è lo scrolling infinito sulle piattaforme social sui nostri smartphone. Ti permette di non pensare al disagio che vivi, agli squilibri sociali, a chi ha troppo e chi non ha niente. Intrattenimento a basso costo, più economico forse anche del Valium e di altri psicofarmaci.
Anch’io, nato nel 1975, sono figlio di questo sistema. All’inizio il mio individualismo è stato parzialmente limitato dal mio ambientalismo. Ideologia in cui ho sempre creduto fin da adolescente. Credo incanalato nel volontariato nel WWF Italia prima e poi nella politica locale attraverso la partecipazione in prima persona come presidente di un partito e il ruolo di consigliere comunale. Parallelamente è iniziato il mio percorso nel mondo del lavoro, la mia scoperta del mondo attraverso Internet e i blog, l’avvio della carriera da lavoratore autonomo con partita IVA. Subito i due mondi sono entrati in collisione. Non potevo dedicare, regalare, tempo all’attività politica a scapito della mia attività professionale. In più mi sono reso conto molto presto che il potere locale era in mano al Sindaco e alla Giunta comunale, non in quelle dei partiti di maggioranza (non certo dei più piccoli dove militavo), né del consiglio comunale. Tempo perso, senza alcun impatto reale sulla politica vera. Mi sono rivolto all’esprimere me stesso attraverso il mio lavoro.
Ho lasciato il partito e ho lasciato l’ambientalismo, per tornare solo diversi anni dopo al vertice del WWF Italia, nel Consiglio nazionale. Parentesi breve, purtroppo funzionale a riformare l’associazione, preda di debiti imponenti, con il rischio della perdita del marchio da parte del WWF Internazionale se la governance non fosse cambiata. Il WWF Italia ha visto un progressivo riallineamento della sua funzione a quella della ONG internazionale: raccolta di fondi per progetti di conservazione internazionale, lobby politica internazionale, meno attivismo locale, volontariato solo per raccolta fondi e non per politiche locali che non potevano essere controllate dal centro, men che meno dalla Svizzera. Un ritorno alle origini. Non è un caso se il WWF è l’associazione ambientalista per certi versi più integrata nel sistema economico. Dialoga con le grandi multinazionali, cerca di influenzarne le politiche, ottiene sponsorizzazioni per progetti e visibilità per raccolta fondi. Me ne sono via via allontanato. Di nuovo, verso l’individualismo.
Ho visto dall’interno le dinamiche delle organizzazioni in cui credevo e in cui ho partecipato in prima persona. Ho percepito l’individualismo dei vertici, soprattutto politici, con lo scopo prevalente, se non unico, di perpetuare sé stessi. Mi sono disilluso. Mi sono, di nuovo, rintanato nel mio lavoro, nelle mie relazioni, nei miei spazi privati, nei miei comportamenti positivi individuali, nell’investimento su me stesso.
A un certo punto ho capito che il lavoro non era la soluzione. Metà anno lavoravo per pagare tasse quando intorno a me c’era chi evadeva pagando multe ben inferiori all’evaso. Pur felice del mio lavoro, ho capito che il lavoro non era tutto nella vita, anzi. Ho fatto mio il mantra Io non sono il mio lavoro. Ho tolto il velo alla retorica della realizzazione attraverso il lavoro, il denaro, lo status sociale acquisito attraverso il consumo. Ho visto anche qui il meccanismo dell’interno, lavorando con un ruolo commerciale a contatto con gli uffici italiani di grandi aziende e grandi marchi internazionali. Ho visto le logiche e le somme di denaro investite per lanciare e promuovere profumi, automobili, libri, beni di largo consumo. Sono entrato in quel mondo, ho guadagnato e ho messo da parte. A un certo punto la logica pervasiva del marketing ha cominciato a soffocarmi. Pur credendo nei blog prima e nei social media come mezzo di espressione, di relazione, di comunicazione, di cambiamento sociale, ho dovuto ricredermi. I primi esperimenti sociali hanno lasciato il campo a startup divenute società quotate in borsa. I modelli di business sono diventati l’acquisizione di dati personali degli utenti da vendere a inserzionisti pubblicitari e poi anche a campagne elettorali di politici, per vendere, influenzare, ottenere voti e consensi. Me ne sono andato.
Ho capito che c’erano le condizioni per prendermi una pausa. La mia discesa nell’individualismo è cresciuta, ma è progressivamente cambiata. Forte del valore del minimalismo, probabilmente acquisito come risposta all’accumulo dei miei genitori, ho capito che comprare e possedere non mi faceva star bene. Anzi, il contrario. Ho cominciato a ridurre, regalare libri, fare a meno. Vivere con meno. Nel momento della verità, in cui ho deciso che il mondo del social media marketing non rispecchiava più i miei valori, la mia identità, me ne sono andato con un cuscinetto che mi ha permesso di vivere e sopravvivere. Mi sono concentrato, di nuovo, su me stesso. Ho capito che il modo migliore di impiegare il mio tempo era hackerare il sistema: la felicità non è il consumo, il disagio esistenziale non si risolve né con lo shopping, né mangiando, ma indagandolo, ascoltandomi. Da qui l’attenzione rivolta alla meditazione, allo yoga, alla lettura, allo studio, alla psicologia, all’alimentazione sana, al veg*anesimo, al sonno, alle relazioni di qualità, alla cultura come forma di indagine e non di mero intrattenimento, all’apprendimento continuo come sistema di vita.
È arrivato il COVID-19, ci siamo chiusi in casa, ho studiato. Siamo sopravvissuti. Siamo evoluti, o meglio, qualcuno è evoluto. I più sono ritornati alle abitudini di prima con qualche piccola variazione. Ci troviamo nel 2025 e lo scenario non è cambiato, anzi, si è rafforzato. Le ideologie che contrastano l’individualismo con più forza sono il nazionalismo e il populismo. Risposta collettiva, manovrata da politici che ovviamente hanno a cuore il proprio interesse personale prima di quello collettivo, alla perdita di potere delle masse e della politica. Le elezioni non determinano più la politica. La politica viene fatta, nel bene e spesso nel male, da istituzioni non-maggioritarie a cui il potere è stato delegato: Banca centrale, Corte costituzionale, Tribunali internazionali, Nazionali Unite, Unione Europea, agenzie governative nazionali e internazionali. Il potere politico dei singoli stati e dei singoli governi si è ridotto. In alcuni casi in bene, in altri meno. Chi governa è chi ha avuto la delega del potere o semplicemente ha influenzato i politici perché gli venisse delegato con la deregulation: le banche private occidentali, il sistema finanziario globale, le grandi multinazionali. Non c’è complotto, non ci sono sette od organizzazioni segrete, gli Illuminati, Bill Gates. Non c’è niente di tutto ciò perché la soluzione è molto più semplice.
Da individui sfiduciati dalla complessità del mondo, ci siamo rifugiati in noi stessi. Non crediamo più a nulla. Non ci sono partiti o sindacati potenti. Il partito maggioritario è di chi non va a votare. I brand, le aziende che li controllano, sono più potenti di qualsiasi governo e non per nulla influenzano poi le politiche monetarie, indirettamente e indirettamente. Le nuove religioni sono il culto dei brand. Quando un governo prova a fare politiche anti sistema viene punito dal sistema. Noi Italiani lo sappiamo bene, avendo avuto governi (lo statista Craxi, ma non è l’unico) che hanno pensato bene di realizzare politiche a prestito, di cui col tempo abbiamo e paghiamo gli interessi. Un governo che fonda la sua politica sul debito non è più libero, ma deve fare i conti con chi i soldi glieli ha prestati. Il mercato governa e punisce qualunque politica che non persegua l’interesse del mercato. Tutti i governi, anche quelli autoritari seguono la stessa logica. Chi governa, governa perché ha il potere economico o perché supporta chi ha il potere economico, vedi dittatori e governi autoritari in giro per il mondo.
In questo scenario, la migliore risposta che si può dare o che io ho ritenuto e ritengo di dare è in un nuovo individualismo. Un individualismo che fa i conti con la realtà. Non è rivoluzionario. La vita si dà per qualcosa di più grande di te, solo se ci credi. In cosa dovrei credere? Anche la religione è di fatto una organizzazione di potere. Il mio individualismo rifiuta il vuoto esistenziale, il nichilismo e l’ansia collettiva coltivando la mia pace interiore. Niente Valium dato dai social media, dalla televisione o dallo streaming, dal consumo, anche elettronico. Non è la soluzione.
Questo individualismo non aiuta a risolvere la fame nel mondo, non mette fine alle guerre, non cambia il sistema economico, non combatte direttamente le aziende e il loro potere. Del resto, quale altra ideologia si è rivelata o si sta rivelando più efficace? Se esiste, la vorrei conoscere. Certamente il mondo non cambia né con una manifestazione in piazza mezz’ora la settimana, né comprando dal commercio equo, né scrivendo su Facebook la propria contrarietà al sistema, né conoscendo nei minimi dettagli, ora dopo ora, il genocidio in corso a Gaza. Ognuna di queste attività, nobile nei suoi intenti, è un altro modo del mercato di incanalare una domanda e dare una risposta economica vendondo qualcosa. Uno spot infilato nel newsfeed, uno prima del tg.
Per me, il modo migliore di vivere in questa epoca non è un velleitario tentativo di cambiare il mondo, ma è rimboccarsi le maniche tutte le mattine e lavorare per cambiare/migliorare me stesso e, forse, attraverso il mio esempio personale, qualcun altro. Un effetto positivo c’è: ho una maggiore consapevolezza di me stesso, delle relazioni personali, del sistema in cui vivo e ne prendo atto, aggiustando i miei comportamenti per dare risposte sull’unico piano su cui ho una influenza diretta. Me stesso.
Profezia auto avverante? Possibile, ma non ho mai affermato che il mio individualismo avrebbe risolto alcun problema globale. In questo sono assolutamente onesto e lucido.
*Il colonialismo e l’imperialismo vanno in crisi, ma in realtà resistono e cambiano forma. Come chiamare il fatto, oggi, che tutti i principali paesi africani non sono democrazie, ma governi autoritari il cui capo è in combutta con le multinazionali e i governi occidentali per fornire a basso costo materie prime, minerali, energia? O che le nostre aziende e i nostri governi fanno affari con altri dittatori in giro per il mondo, per il semplice motivo che ci conviene avere nuovi mercato in cui esportare o da cui comprare beni a basso costo, facendo leva su popolazioni sfruttate in nuove forme di schiavitù?
