La guerra è un tragico punto di vista

Ci sono ricascato. La guerra Israele contro Hamas mi ha riportato a perdere tempo nel consumo di informazione generalista. Per approfondire il fallimento dell’intelligence israeliana nel prevedere gli attacchi e l’invasione di Hamas nel weekend – con i 1000 morti israeliani a oggi, cosa mai vista nelle guerre precedenti di Israele contro i palestinesi – sono tornato a controllare la diretta testuale del Guardian (e Haaretz) e Al Jazeera English in diretta su YouTube.

Non sono un analista politico e la mia opinione sul conflitto israelo-palestinese è poco interessante. Ciò che mi permetto di notare è come la percezione di un conflitto da parte dell’opinione pubblica sia una questione di punti di vista. I media occidentali, come il Guardian, seppur equidistanti (più o meno) e imparziali, hanno come Israele come primo punto di vista raccontato. A questo contribuisce la presenza sui social media (e in particolare su X) dell’esercito israeliano (IDF) che da anni usa con intelligenza la comunicazione diretta verso l’opinione pubblica internazionale (e i giornalisti). Un esempio? La foto di una famiglia, pubblicata su X, con una descrizione strappalacrime:

“Tamar, Yonatan e i loro figli Shachar, Arbel, Omer,” si legge nella didascalia. “Un’intera famiglia cancellata dai terroristi di Hamas. Non ci sono parole. Possa la loro memoria essere una benedizione.”

“Tamar, Yonatan and their children Shachar, Arbel, Omer,” the caption read. “An entire family wiped out by Hamas terrorists. There are no words. May their memory be a blessing.”

L’obiettivo è far sposare il punto di vista di Israele e di ottenere il via libera morale all’assedio e al bombardamento di Gaza.

Al Jazzera English invece ha, per evidente linea editoriale – il proprietario del canale è l’emiro del Qatar e l’emittente trasmette da Doha – quella di supportare la causa palestinese, anche se non la violenza. L’equidistanza qui ha come primo punto di vista raccontato quello dei palestinesi (non di Hamas, anche di Hamas, almeno come fonte) e di Gaza. Superato il racconto dell’invasione di Hamas e dell’attacco contro gli israeliani, Al Jazeera privilegia ora il racconto dei civili palestinesi senza elettricità, senza acqua, senza energia, bombardati più o meno indiscriminatamente da Israele, vedi screenshot di ieri sera:

Al Jazeera è anche una delle poche emittenti internazionali con inviati sul posto, bombardati insieme ai civili. Da non dimenticare poi che una giornalista di Al Jazeera è stata uccisa deliberatamente da Israele, come appurato da un rapporto indipendente, poco più di un anno fa.

L’obiettivo di Al Jazeera è privilegiare la causa palestinese.

In entrambi i casi, esercito israeliano e Al Jazeera, pur nella diversità dei due soggetti che non voglio ovviamente equiparare, la verità, se non distorta, è comunque mostrata da un angolo diverso.

Esempio lampante di come, in ogni fatto che coinvolge parti in conflitto, è sempre bene analizzare chi ti sta raccontando cosa succede e cercare punti di vista alternativi, consapevoli che, come in questo caso, la verità quasi mai sta tutta da una parte.

Il numero di morti finisce per diventare un numero senza significato, senza considerare poi che sempre di persone (per lo più civili innocenti) si tratta, israeliane o palestinese che siano. Alcuni vengono raccontati con nome e cognome, storia e tragedia personale. Molti altri restano dei numeri senza volto, che nessuno racconta.

Pensaci la prossima volta che una delle due parti cerca la tua empatia con qualche racconto personale di vittime. C’è sempre un’agenda dietro, più o meno evidente.

Una risposta

  1. Sante parole, Luca, sante parole. I media non ti dicono COSA pensare, ma A COSA pensare. Da anni ripeto sul mio blog che questo piccolo dettaglio, meglio noto come teoria dell’agenda setting, da decenni plagia le menti della gente comune in giro per il mondo. Poi con l’avvento dei social, non ne parliamo…

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