Considerazioni di ritorno da un lungo viaggio

Sono tornato. Tra andata e ritorno ho fatto più di mezzo giro del mondo in aereo. Ho preso un traghetto, vari autobus e metro, qualche macchina, otto pullman, sei aerei, quattro treni. Ho conosciuto una decina di persone da Colombia, Cile, Argentina, Uruguay, Perù, Venezuela, Brasile. Ho parlato molto spagnolo, un po’ d’inglese e anche italiano. Mi sono scottato il collo in una giornata nuvolosa e ho preso acqua a catinelle. Ho persino atteso 90 minuti sull’aereo, fermo prima di arrivare al terminal, causa tempesta e allarme meteo fulmini sull’aeroporto. Un viaggio intenso, sotto molti punti di vista. Seguono alcuni pensieri sparsi.

Adoro le palme, anche in paesi non proprio tropicali

Il cambiamento climatico è globale. In Cile le temperature di inizio autunno continuano a essere da piena estate. In Argentina e in Uruguay ho trovato eventi climatici brevi e intensi – temporale e pioggia da inondazione – come si verificano puntualmente in Italia ormai quasi ogni mese, in alcuni periodi dell’anno.

Il Cile (o dovrei dire Santiago) mi ha dato l’impressione di avere molto chiaro il proprio modello di sviluppo e di consumo: gli Stati Uniti d’America.

Mai, come in questo viaggio, ho pensato come comunemente usiamo il termine americano per indicare un cittadino degli USA e non, come dovremmo, un cittadino del continente americano, quindi anche di tutti gli altri paesi. Tutti sono americani. Questo la dice lunga sul pregiudizio che abbiamo implicito, anche nella lingua comune.

Il Sud America ha dinamiche e interessi tutti suoi, pur seguendo trend capitalistici globali, più amati che odiati. Le piattaforme streaming, Netflix in testa, contribuiscono all’omogeneizzazione del gusto come promozione di serie TV e film su scala globale, anche in quest’area del mondo.

L’influenza della cucina italiana, soprattutto in Argentina e Uruguay, è palpabile, più che evidente. Dai termini per identificare alcuni piatti tipici locali, alla considerazione per la pizza italiana, giusto per fare un esempio.

Argentina e Uruguay hanno molto in comune con l’Italia, in termini di stile di vita e abitudini, non per altro per via degli emigrati dall’Italia nello scorso secolo (e anche qualcosa prima, forse).

Gli spazi urbani sono molto diversi da quelli europei e italiani, se non fosse altro per l’area disponibile. Sì, tutte le capitali sono piene di grattacieli e di grandi condomini, ma hanno anche tante strade alberate, senza sacrificare marciapiedi o piste ciclabili.

Sarà il mese di marzo, ma ho visto pochi turisti e soprattutto pochi turisti europei e quasi zero italiani. Un po’ di americani e, sorpresa, anche qualche russo. Per il resto mi sono imbattuto in tutte le nazionalità dell’area geografica.

Ciò che in Italia e in Europa abbiamo vissuto e viviamo con l’immigrazione da Africa, Siria, Ucraina, in Sud America lo hanno vissuto con il Venezuela. Venezuelani in fuga ovunque, con una conseguenza curiosa, tra le altre: l’esplosione di ristoranti con la loro cucina tipica. A dirla tutta anche con l’aumento della criminalità, non necessariamente soltanto venezuelana, e una riduzione della sicurezza percepita.

L’Uruguay è uno dei paesi col costo della vita più alto in cui abbia mai viaggiato. Non me lo aspettavo. Prezzi più alti dell’Italia, soprattutto per la ristorazione e per il cibo. Magari ci torno su con un post dedicato.

L’Argentina non è un paese low cost. Non almeno da quando il cambio ufficiale è quasi allineato al cambio parallelo (chiamato dollaro blu) del mercato nero. Sarà l’aumento dei prezzi per l’inflazione, ma sempre nella ristorazione i prezzi non sono per niente a buon mercato, almeno non nella capitale.

Buenos Aires è probabilmente la città più cosmopolita dell’area.

Molto alto il livello di sicurezza personale ovunque. Negozi e case al piano terra con le grate alle porte e alle finestre. Ingressi nei condomini con accesso controllato e spesso sicurezza e portiere. In Argentina è popolare anche una sorta di controllo a distanza via cam, con uno schermo che alterna i video (in tempo reale?) di guardie che controllano i propri schermi e ascoltano e rispondono. Segno di alto livello di microcriminalità o di percezione del pericolo.

Santiago ospita la torre più alta del Sud America, il Costanera Center. Vince sicuramente come la capitale più estesa e con più palazzi alti. Immagino sia così per essersi inglobata la periferia. Dovrei approfondire.

Offerta di cibo vegano abbastanza diffusa, almeno a Santiago e Buenos Aires. Forse meno a Montevideo. Resta la percezione che il cibo sano sia considerato premium, richiesto da una clientela mediamente giovane e benestante. A questa offerta di aggiungono offerte vegetariane a peso, molto più accessibili, promosse da proprietari asiatici.

I franchise statunitensi imperano ovunque, insieme a qualche versione locale con la stessa filosofia. In Cile ho trovato un franchise di pizza molto, molto economico. Imperano carne, grasso, formaggio, (sale) e zucchero.

In Argentina e in Uruguay è diffuso uno yogurt venduto in buste e non in vasetti, praticamente assenti sul mercato. Per gestirlo, una volta aperto, serve una caraffa per tenerlo. Curioso. Forse perché la carta del vasetto costa di più? Sarebbe anche questo da approfondire.

Tre settimane è l’intervallo di tempo ideale, per me, per un viaggio in paesi lontani. Mi permette di staccare completamente dai pensieri di casa senza diventare nostalgico o stancarmi troppo.


Nei prossimi giorni pubblicherò qualche foto. Ne ho scattate in quantità. In questo viaggio, a differenza dell’ultimo in Giappone, ho deciso di non scrivere nulla durante il viaggio, ma di lasciarmi andare, salvo documentare attraverso le immagini, che ora riempiono il mio telefono. Ne riparliamo presto.

Una risposta

  1. Sicuramente una bell’esperienza. Io sono affascinato dal Centro America. La mia prossima meta sarà la Costa Rica, dove un giorno, chissà, vorrei andare in pensione.

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