La nostra cultura del doppelganger

Questo, quindi, non è una biografia dell’Altra Naomi, né offre una diagnosi psicoanalitica dei suoi comportamenti. È un tentativo di utilizzare la mia esperienza di doppelganger – il caos provocato e le lezioni apprese su me stessa, su di lei e su di noi – come guida dentro e attraverso quello che ho interpretato come la nostra cultura del doppelganger. Una cultura affollata da varie forme di duplicazione, in cui tutti noi che manteniamo una persona o un avatar online creiamo i nostri propri doppelganger – versioni virtuali di noi stessi che ci rappresentano agli altri. Una cultura in cui molti di noi si sono abituati a pensare a se stessi come marchi personali (personal brand), forgiando un’identità partizionata che è sia noi che non noi, un doppelganger che interpretiamo incessantemente nell’etere digitale come prezzo d’ingresso in un’avida economia dell’attenzione. E nel frattempo, le aziende tecnologiche utilizzano queste masse di dati per addestrare le macchine a creare simulazioni artificiali dell’intelligenza umana e delle funzioni umane, doppioni realistici che portano avanti le loro proprie agende, le loro proprie logiche e le loro proprie minacce. Cosa, mi sono continuamente chiesta, ci sta provocando tutto questo duplicarsi? Come sta influenzando ciò a cui prestiamo attenzione e, più criticamente, ciò a cui prestiamo poca attenzione?*

Doppelganger di Naomi Klein

Dalla introduzione del nuovo libro di Naomi Klein, uscito oggi in USA, UK e Canada. Vita digitale, economia dell’attenzione, influenza sull’attenzione, personal branding come modo di interpretare se stessi online. Tutti questi temi mi interessano da vicino e saranno la ragione per cui leggerò presto questo libro.


*L’originale dalla versione in inglese dello stesso libro in uscita in italiano tra una settimana il 19 Settembre:

This, then, is not a biography of Other Naomi, nor does it offer a psychoanalytic diagnosis of her behaviors. It is an attempt to use my own doppelganger experience—the havoc wreaked and the lessons learned about me, her, and us—as a guide into and through what I have come to understand as our doppelganger culture. A culture crowded with various forms of doubling, in which all of us who maintain a persona or avatar online create our own doppelgangers—virtual versions of ourselves that represent us to others. A culture in which many of us have come to think of ourselves as personal brands, forging a partitioned identity that is both us and not us, a doppelganger we perform ceaselessly in the digital ether as the price of admission in a rapacious attention economy. And all the while, tech companies use these data troves to train machines to create artificial simulations of human intelligence and human functions, lifelike doubles that carry their own agendas, their own logics, and their own threats. What, I have kept asking myself, is all of this duplication doing to us? How is it steering what we pay attention to and—more critically—what we neglect?

Testo in italiano tradotto da ChatGPT e rivisto parzialmente sal sottoscritto.

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