Martedì 26 Settembre 2023

Caro S,

la visione comune di un film, per non parlare dalla seconda visione, è un’esperienza sempre piacevole, perché permette di discutere l’opera al termine della visione, come abbiamo fatto ieri. Se c’è una cosa che mi manca dell’esperienza di cinema casalingo è proprio il confronto. Si fa quel che si può.


Ieri mi veniva da ripensare a un passaggio da Doppelganger sulla risposta all’impotenza di fronte all’ingiustizia, verso la cura di sé:

Con sogni di giustizia spezzati, insieme a visioni collettive per una buona vita, ognuno poteva contare solo su se stesso: un mondo di individui atomizzati che si scalciavano l’un l’altro per ottenere un vantaggio nei nuovi mercati del lavoro precario e deregolamentato. In questo contesto, sosteneva, molti rivolgevano la loro attenzione al perfezionamento del corpo, con tapis roulant al posto delle manifestazioni di protesta e pesi liberi al posto dell’amore libero. Le pressioni erano molto più forti per le donne all’inizio, ma presto anche gli uomini cis etero eterosessuali avrebbero affrontato i loro irraggiungibili standard e miti di fitness e bellezza. Per Ehrenreich, tutto ciò faceva parte di “un più ampio ritiro verso le preoccupazioni individuali dopo l’effimero innalzamento collettivo che alcuni avevano sperimentato negli anni ’60… Se non potevi cambiare il mondo o tracciare la tua carriera, potevi comunque controllare il tuo corpo – ciò che vi entra e come viene speso l’energia muscolare.” È in questo contesto che Jerry Rubin, ex provocatore yippie ed imputato nel processo dei Sette di Chicago, diventò negli anni ’80 un fiero yuppie e evangelista del fitness.

Spiegando la sua stessa lunga e spesso conflittuale relazione con la palestra, Ehrenreich scrisse: “Potrei non essere in grado di fare molto per l’ingiustizia grave nel mondo, almeno non da sola o in tempi brevi, ma posso decidere di aumentare il peso sulla macchina leg press di venti chili e raggiungerlo entro poche settimane.”

Doppelganger

A guardare la mia storia personale c’è un po’ di questo percorso. Da ventenne (e anche un paio d’anni prima) attivista ambientalista e politico locale, col tempo mi sono disilluso e, guarda caso, mi sono e mi sto concentrando su ciò che posso migliorare e controllare: la mia mente e il mio fisico. È un bene o un male? Un bene sul piano personale, un male sul piano dell’ingiustizia sociale. Questo tema meriterebbe una riflessione collettiva. Intanto ieri ho ripreso l’esercizio HIIT e ho intenzione di intensificarlo per il mese di Ottobre. Tempo di tornare a pensare al mio fisico, più di quanto abbia fatto dall’inizio dell’estate a questa parte.


Alla notizia dei podcast di Spotify tradotti in un automatico in altre lingue grazie all’intelligenza artificiale, ho ascoltato per caso una intervista allo storico Harari. La sua voce è stata tradotta e riprodotta in spagnolo, come se fosse sempre lui a parlare. Sorprendente e parzialmente inquietante. Al di là di questo, Harari in un passaggio dice due parole contro l’individualismo, sottolineando che pensiamo di farcela da soli, ma non è così. Abbiamo bisogno degli altri. Da individualista per necessità, mi trovo a scontrarmi con questo concetto. Lo tengo sullo sfondo, per ora. Si incontra/scontra con la problematica della difficoltà del nostro momento storico – dico nostro perché sembra non solo mio – nell’instaurare relazioni personali ricche e profonde. Come risolviamo il problema?


Altra esperienza è stata la visione dell’ultimo cortometraggio western di Pedro Almodovar, in sala. 30 minuti volano. Storia semplice ma intensa. Mi ha fatto venir voglia di rivedere i suoi primi film, a cominciare da Donne sull’orlo di una crisi di nervi.

Da giorni poi ho voglia di rivedere La persona peggiore del mondo, film norvegese tra i miei preferiti in assoluto. Magari domani sera. Stasera ho un appuntamento culturale e sociale a cui partecipare.

Potrei continuare ma mi fermo qui. Tempo di fare colazione e della camminata seguente per ridurre appiattire la curva del glucosio. Il sole è tornato a splendere e vediamo poi che ci riserva la mattina.

Un caro saluto

L


*Testo originale da Doppelganger di Naomi Klein:

With dreams of justice dashed, along with collective visions for a good life, it was everyone for themselves—a world of atomized individuals climbing over one another to get an edge in newly deregulated, precarious job markets. It was in this context, she argued, that so many turned their attention toward perfecting the body, with treadmills replacing protest marches and free weights replacing free love. The pressures were far greater for women at the start, but soon enough even heterosexual cis men would face their own unattainable fitness and beauty standards and myths. For Ehrenreich, this was all “part of a larger withdrawal into individual concerns after the briefly thrilling communal uplift some had experienced in the 1960s … If you could not change the world or even chart your own career, you could still control your own body—what goes into it and how muscular energy is expended.” It was in this context that Jerry Rubin, onetime yippie provocateur and Chicago Seven defendant, became, in the 1980s, a proud yuppie and fitness evangelist.

Explaining her own longtime, often conflicted relationship with the gym, Ehrenreich wrote: “I may not be able to do much about grievous injustice in the world, at least not by myself or in very short order, but I can decide to increase the weight on the leg press machine by twenty pounds and achieve that within a few weeks.”

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