Mercoledì 13 Dicembre 2023

#citazione

“Una probabile ragione delle rotture è che tendiamo a dare le relazioni intime per scontate. Le nostre aspettative diventano troppo alte.”

Robin Dunbar, Amici

#musica

Confronta uno dei temi in The Conversation con il tema di Severance e dimmi se non si assomigliano.



Every Noise è un sito da sballo. Una mappa dei generi musicali e molto altro, con dati presi da Spotify. Puoi cercare un artista e il sito ti dice a che generi musicali corrisponde (ed è classificato). Clicca sulla i a fianco dei generi sotto la barra di ricerca e vai sulla pagina dell’artista con tante informazioni. Esempio con Martin Rott.

Da perderci la testa.


#film

Ancora M mi ha segnalato questo video tempo fa e ora sono io a consigliarlo a te. Una lezione di storia e tecnica del cinema in 20 minuti. Da vedere.

The Conversation

Classificazione: 5 su 5.

Gran film di Francis Ford Coppola, girato (o almeno uscito) tra Il Padrino parte I e Il padrino parte II. I temi sono numerosi: la sorveglianza (tema moderno, anzi, di più, 50 anni dopo), la solitudine, le conseguenze del proprio lavoro, le relazioni personali. È del 1974 ma, cambiando le tecnologie impiegate, potrebbe essere stato girato ieri. Strano che non ne abbiano ancora fatto un remake. Forse è meglio così, meglio tenerci l’originale.


#libri

[[In Un Volo Di Storni]]

Curiosamente uno dei giorni scorsi guardavo affascinato un volo di storni e mi ponevo le stesse domande che Giorgio Parisi si è posto e poi ha indagato scientificamente.

Al tramonto vediamo gli stormi formare immagini fantasmagoriche, migliaia di macchioline nere danzanti che si stagliano su un cielo dai colori cangianti. Li vediamo muoversi tutti insieme senza urtarsi, né disperdersi, superando ostacoli, distanziandosi e poi ricompattandosi, riconfigurando continuamente la loro disposizione spaziale, come se ci fosse un direttore d’orchestra a impartire ordini che tutti eseguono. Possiamo passare un tempo indefinito a guardarli, tanto lo spettacolo si rinnova sempre in forme diverse e impreviste. A volte anche di fronte a questa pura bellezza fa capolino la deformazione professionale di uno scienziato e tante domande gli frullano nella testa. Esiste un direttore d’orchestra o il comportamento collettivo è auto-organizzato? Come fa l’informazione a propagarsi velocemente attraverso tutto lo stormo? Com’è possibile che le configurazioni cambino così rapidamente? Come sono distribuite le velocità e le accelerazioni degli uccelli? Come possono virare insieme senza urtarsi? Bastano semplici regole d’interazione tra gli storni per generare movimenti collettivi articolati e variabili come quelli che osserviamo nei cieli di Roma?

Quando sei curioso e vorresti sapere la risposta alle tue domande, incominci a cercare: una volta sui libri, adesso in rete. Quando sei fortunato, trovi le risposte, ma quando le risposte non ci sono, perché nessuno le conosce, se sei veramente curioso inizi a domandarti se non dovresti essere proprio tu a trovare la risposta.

Giorgio Parisi, In un volo di storni

Altrettanto curioso è che vengo a conoscere questo libro da un articolo su TLS, l’inserto letterario del Times, a due anni dalla pubblicazione in Italia. La dice lunga sul mio sistema di informazione.


#passato

15 anni fa

Il 2008 è stato uno dei miei migliori anni di sempre, professionalmente e non.

14 anni fa

Programmavo l’anno successivo, già ricco di impegni.

Il bilancio con cui ho chiuso anche il 2009, molto positivo. Il cambiamento, il downshifting, comincia qui. L’anno in cui sono andato a vivere da solo, tra l’altro.

13 anni fa

Scrivevo un articolo per la prima pagina di un giornale nazionale. Soddisfazioni.

10 anni fa

Mangiavo thailandese in Messico. Altra soddisfazione.

2 anni fa

Il tema delle relazioni interpersonali e della sofferenza era già nel mirino.

Due anni dopo posso dire di vivere molto meglio queste relazioni e accettare la realtà con molta serenità e disincanto.


#media

The Promptah

Verificando link, ho scoperto che il sito di DLD è ricco di video dalle ultime conferenze e si è aggiunto anche un magazine in PDF, per raccogliere e sintetizzare gli interventi dei keynote speaker degli eventi precedenti. Lettura alternativa.


#libri

Peter Singer

Da un altro articolo di TLS, il supplemento letterario di The Times, – questo è il problema con la lettura dei magazine, ovvero la scoperta di ulteriori nuovi libri da leggere e da aggiungere alla mia antibibblioteca – ho scoperto che Peter Singer, filosofo noto per aver promosso il tema della liberazione animale, caro a vegetariani e vegani (e non solo), ha ripubblicato un suo classico e aggiornato un altro titolo con riflessioni filosofiche su vari temi della modernità.

Animal Liberation Now sale in coda per rafforzare la mia identità e i valori in cui credo.

L’altro può essere uno spunto per scelte più etiche, tutti i giorni.


#esperienze

Oggi è una di quelle giornate in cui sono combattuto. Non mi sento particolarmente in forma, a causa di un dolore cervicale che mi viene ogni volta che mi taglio i capelli, in genere il giorno dopo. Ho una bella conversazione programmata per la prima serata. Eppure so che domani ho un impegno noioso che mi porterà via buona parte della mattinata, tra qualche ora ho una riunione di condominio dove dovrò mediare tra opinioni discordanti e sempre domani ho un amico lontano che viene a farmi visita per alcuni giorni. Sono combattuto tra momenti di libertà assoluta e momenti vincolati su cui non posso fare nulla. Non posso evitarli. Devo affrontarli.

Sono questi i momenti in cui mi sento fortunato per poter vivere in uno stato di (parziale) ozio. Gli inglesi userebbero il termine idle. C’è perfino una rivista pubblicata da 30 anni: The Idler. Evidentemente non sono l’unico a promuovere e soprattutto a praticare l’ozio, che ozio vero e proprio non è. Ozio nel senso di non lavoro: non vengo pagato per curare il mio benessere psicofisico, né per stimolare il mio intelletto con film e libri, né per condividere esperienze e opinioni con amici e conoscenti. Eppure curare il mio benessere mi fa sentire bene, stimolare l’intelletto mi fa sentire vivo e connesso, condividere dà un senso alla vita, come da psicologia adleriana. Sono fortunato a godere di un tempo per l’ozio di cui non dispongono la maggior parte delle persone che mi circondano o quanto meno pochi lo considerano un valore da promuovere.

Quando questo tempo mi viene limitato o sottratto, da impegni a cui non posso dire di no e da impicci che la vita (o altre persone) mi pone di fronte, la prima reazione è di fastidio, disagio, rifiuto, negazione e sconforto. A pensarci bene invece la reazione più corretta dovrebbe essere quella di gratitudine per tutti i momenti di ozio del vicino passato e per quelli prossimi futuri. A questi dovrei tendere: felice di ciò che ho potuto (non) fare e fiducioso di ciò che mi attende, anche se non nell’immediato. Per concentrarmi poi sulla prossima mossa da fare, senza piangermi addosso e senza incolpare terzi per ciò che mi limita nel presente. Lo stop è solo momentaneo. Il cammino continua a breve. L’importante è avere la rotta ben definita in testa, anche stando fermi, come dice Pico Iyer.

L’idea di non andare da nessuna parte è universale come la legge di gravità; ecco perché i saggi di ogni tradizione ne hanno parlato. «Tutta l’infelicità degli uomini» osservò il matematico e filosofo francese del XVII secolo Pascal «ha origine da un semplice fatto. Non sono capaci di starsene tranquilli nella loro stanza.» Dopo aver passato quasi cinque mesi da solo in una baracca in Antartide, con temperature che sfioravano i sessanta gradi sotto lo zero, l’ammiraglio Byrd si convinse che «metà della confusione del mondo deriva dal non sapere di quanto poco abbiamo bisogno». Oppure, come si usa dire dalle parti di Kyoto: «Non fare qualcosa tanto per farla. Siediti lì».

Rispetto agli standard odierni persino i giorni di Pascal e quelli dell’ammiraglio Byrd sembrano tranquilli. Nel tempo in cui leggete questo libro, l’umanità raccoglierà una massa di dati cinque volte più grande di quella contenuta nell’intera Libreria del Congresso. E ciascuno di noi assorbirà il numero di informazioni che Shakespeare assorbì nel corso di una vita. I ricercatori del nuovo campo della «scienza dell’interruzione» hanno stimato che occorrono in media venticinque minuti per riprendersi da una telefonata e che interruzioni simili capitano ogni undici minuti. Il che significa che non stiamo mai al passo con le nostre vite.

E, più fatti si riversano su di noi, meno tempo e spazio abbiamo per dare loro un senso. L’unica cosa che la tecnologia non ci fornisce è infatti un criterio per farne il miglior uso possibile. E così la capacità di accumulare informazioni sta diventando molto meno importante della capacità di passarle al vaglio.

Pico Iyer, L’arte della quiete

Ho messo in grassetto l’ultima frase perché mi ci riconosco in pieno. Tempo di studiare un nuovo esperimento da attuare con l’avvio del nuovo anno. Il tema è duplice:

  1. non accumulare nuove informazioni, qualsiasi sia il formato;
  2. vagliare le informazioni già raccolte: appunti e note.

Sul primo ho molto da lavorare: quest’anno ho accumulato molti libri (è un passatempo che mi diverte molto) ed è il momento di smettere. Per gli altri formati ho trovato un limite: niente social media, niente televisione, pochissimi feed RSS e newsletter, qualche fumetto e magazine in PDF (comunque troppi) e zero podcast da oltre sei mesi.

Sul secondo ho lavorato ma non abbastanza. Devo consolidare la pratica della scrittura e della revisione dei libri letti. L’ho fatto, ma non con continuità. Qui serve un colpo di reni. Aver sospeso le attività della community Saper Imparare non ha aiutato in tal senso.

Che cos’è tutto ciò se non personal knowledge management?

Riflessioni da portare avanti per questa fine d’anno.


In aggiornamento

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